lunedì, Novembre 17, 2025

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Andrea Dal Zoppo - Lo ZioSen
Andrea Dal Zoppo - Lo ZioSenhttp://www.topgamesitalia.com
Appassionato di videogames in tutte le sue forme dall'età di 6 anni. Appassionato di musica, grafica, doppiaggio e scrittura. Mi puoi trovare su YouTube come Lo ZioSen. Qui, su Top Games Italia, troverete le mie sincere e soggettive opinioni sul mondo videoludico.

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14 Giochi Che Tutto il Mondo sapeva sarebbero Falliti

Avete presente quella sensazione? Quella specie di vibrazione nella Forza che solo noi gamer conosciamo. È un sesto senso affinato da anni di trailer ingannevoli, presentazioni E3 troppo belle per essere vere e promesse da parte degli sviluppatori che suonano più come preghiere che come piani concreti. È l’istinto primordiale che, davanti a un annuncio, ci fa aggrottare le sopracciglia e pensare: “Mmm, qui qualcosa puzza”.

Ci sono giochi che nascono con il piede sbagliato, e poi ci sono quelli che nascono direttamente senza gambe, inciampando sul traguardo ancora prima di sentire lo sparo d’inizio. A volte è un’idea di base che stride, altre volte è un cambio di rotta inspiegabile, altre ancora è semplicemente la sfortunata decisione di inseguire un trend quando quel treno è già deragliato da un pezzo.

Oggi ci tufferemo a capofitto nel museo degli orrori videoludici annunciati, una galleria di titoli che, per un motivo o per l’altro, avevano una gigantesca bandiera rossa piantata in fronte fin dal primo giorno. Abbiamo analizzato, sezionato e, in alcuni casi, pianto su questi giochi per portarvi la classifica definitiva dei più grandi disastri annunciati. 

I 14 Disastri Annunciati

Nel mondo dei videogiochi, l’hype è una valuta tanto potente quanto volatile. Può portare un titolo alle stelle o farlo schiantare al suolo prima ancora del lancio. Ma cosa succede quando l’hype non c’è proprio, o peggio, viene sostituito da un palpabile scetticismo collettivo? In questa classifica, esploreremo 14 casi emblematici di videogiochi il cui destino sembrava segnato fin dai primi annunci. Titoli che, nonostante budget a volte colossali e nomi altisonanti, hanno fatto suonare ogni singolo campanello d’allarme nella testa dei giocatori più attenti.

Justice League Suicide Squad flop

S4icid3 Squad: K1ll the Justice League

Quando lo studio dietro la leggendaria trilogia di Batman: Arkham annuncia un nuovo gioco ambientato nello stesso universo, le aspettative sono, per usare un eufemismo, cosmiche. Rocksteady ci aveva abituati a capolavori single-player, con una narrazione cupa, un combat system rivoluzionario (il Freeflow) e un rispetto quasi sacro per il materiale originale. E poi, è arrivato Suicide Squad: Kill the Justice League. E il sesto senso dei gamer ha iniziato a urlare.

I Primi Segnali di Pericolo: Un Tradimento Annunciato

Il primo, gigantesco allarme è suonato quando è stata svelata la sua natura: un looter-shooter “live service” cooperativo. Un modello di business che, già di per sé, sta mostrando la corda e che sembrava l’antitesi di tutto ciò che aveva reso grande la serie Arkham. I fan volevano una nuova, profonda avventura narrativa, non un clone di Destiny o Anthem con la skin di Harley Quinn.

Le successive presentazioni non hanno fatto che peggiorare le cose:

  • Gameplay Generico: I video mostravano personaggi che volavano e sparavano a nemici viola generici, con un’enfasi ossessiva su numeri, statistiche e loot colorato. Dov’era finito il combattimento strategico e corpo a corpo? Dov’era il brivido della caccia stealth?

  • L’Interfaccia Utente: Una famigerata fuga di notizie mostrò un’interfaccia utente caotica, stracolma di valute, menù e un immancabile Battle Pass. Era la prova definitiva che il gioco stava seguendo un manuale di monetizzazione, non una visione creativa.

  • La Premessa Narrativa: L’idea di “uccidere la Justice League” era audace, ma il tono scanzonato e le meccaniche da sparatutto facevano temere una gestione superficiale e irrispettosa di icone come Batman e Superman.

L’Analisi del Disastro: Un’Eredità Infranta

Al lancio, tutte le paure si sono concretizzate. Il gioco si è rivelato un’esperienza estremamente ripetitiva, basata su missioni quasi identiche e un loop di gameplay che si esauriva dopo poche ore. La struttura “live service” si sentiva forzata, un’impalcatura traballante costruita attorno a un’idea che avrebbe funzionato meglio come esperienza contenuta e rifinita.

Ma il colpo di grazia è stata la gestione della narrativa. Personaggi amati, incluso il Batman della serie Arkham (nella sua ultima apparizione con la voce del compianto Kevin Conroy), sono stati trattati come boss generici da abbattere senza alcun peso emotivo, alienando una fetta enorme della base di fan. Rocksteady, i maestri della narrazione supereroistica, sembravano aver perso completamente la bussola, sacrificando la loro identità sull’altare di un modello di business che non gli apparteneva e che, alla fine, non ha pagato. La lezione qui è chiara: se hai costruito un impero sulla qualità del single-player, demolirlo per costruire un castello di sabbia “live service” è un suicidio (squad)… annunciato.

skull and bones flop annunciati

Skull and Bones

La storia di Skull and Bones è una delle più travagliate e, francamente, comiche della storia videoludica recente. Nato dalle ceneri dell’acclamatissimo gameplay navale di Assassin’s Creed IV: Black Flag, questo gioco prometteva di essere il sogno bagnato di ogni aspirante pirata. E poi sono passati quasi dieci anni.

I Primi Segnali di Pericolo: L’Interminabile Odissea dello Sviluppo

Il primo segnale non è stato un trailer, ma il silenzio. Annunciato nel 2017, il gioco è sparito dai radar per anni, riemergendo a intermittenza con promesse vaghe e rinvii costanti. Si parlava di reboot interni, cambi di direzione creativa e una gestione del progetto a dir poco caotica. Quando un gioco rimane in “development hell” così a lungo, è quasi impossibile che ne esca qualcosa di coerente e al passo con i tempi.

Quando finalmente si è mostrato di nuovo, lo scetticismo era palpabile:

  • Gameplay Limitato: A differenza di Black Flag, dove potevi scendere dalla nave ed esplorare isole lussureggianti, in Skull and Bones eri praticamente incollato al timone. Niente abbordaggi corpo a corpo, niente esplorazione a piedi. Era un gioco di pirati senza la parte più “piratesca”.

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  • Un “AAAA Game”?: La dichiarazione del CEO di Ubisoft, che definì il gioco un “AAAA game” per giustificarne il prezzo pieno, divenne un meme istantaneo. Non solo era una classificazione inesistente, ma suonava come un disperato tentativo di gonfiare il valore di un prodotto di cui, evidentemente, neanche loro erano troppo sicuri.

L’Analisi del Disastro: Un Galeone Senza Rotta

Skull and Bones è l’esempio perfetto di un’idea promettente rovinata da un ciclo di sviluppo infinito e da una mancanza di visione. Il prodotto finale è un gioco tecnicamente passabile ma concettualmente vecchio. Si concentra esclusivamente sulle battaglie navali, che dopo un po’ diventano ripetitive, e le avvolge in una struttura da “live service” con fetch quest e grinding di materiali che sembrano uscite da un manuale del 2015.

Ha perso per strada tutto ciò che rendeva magico Black Flag: il senso di avventura, la libertà, la possibilità di vivere una fantasia piratesca completa. Invece, ci ha dato un simulatore di barche con menù complicati. È un gioco senza un’anima, un progetto che sembra essere stato pubblicato più per porre fine alla sua stessa agonia che per offrire un’esperienza memorabile ai giocatori. Un tesoro che si è rivelato essere solo uno scrigno vuoto.

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Babylon’s Fall

PlatinumGames. Basta il nome per evocare immagini di azione frenetica, combattimenti stilosi e capolavori del calibro di BayonettaNieR: Automata e Vanquish. Sono i maestri indiscussi dell’action game. O almeno, così pensavamo. Poi è arrivato Babylon’s Fall, un tentativo così goffo e maldestro di entrare nel mercato dei “games as a service” da sembrare quasi una parodia.

I Primi Segnali di Pericolo: Un Quadro… Sfuocato

Il primo impatto è stato devastante, e tutto per colpa di una scelta artistica incomprensibile. Il gioco adottava uno stile grafico definito “a pennello d’olio”, che in pratica si traduceva in un filtro sfuocato e pasticciato che rendeva tutto indistinguibile. Sembrava un gioco per PS3 con seri problemi di vista. In un’era di grafica cristallina e direzione artistica mozzafiato, presentare un gioco che sembrava costantemente spalmato di vaselina è stata una mossa a dir poco audace. O folle.

Ma i problemi erano ben più profondi:

  • Genere Sbagliato per lo Studio Sbagliato: PlatinumGames che fa un looter-slasher live service? È come chiedere a un maestro pasticcere di costruire un grattacielo. I fan dello studio vogliono campagne single-player intense e rifinite, boss fight epiche e sistemi di combo da capogiro. Non vogliono ripetere missioni all’infinito per ottenere un’armatura con +2% di resistenza al fuoco.

  • Gameplay Legnoso: Incredibilmente, il combattimento, il fiore all’occhiello di Platinum, si sentiva lento, legnoso e privo di qualsiasi impatto. Le animazioni erano riciclate, i nemici spugne per proiettili (o spade, in questo caso) e l’intera esperienza mancava della fluidità e della creatività che definiscono lo studio.

L’Analisi del Disastro: Caduta Libera Verso l’Oblio

Babylon’s Fall non è stato solo un fallimento, è stato un disastro su scala cosmica. Il gioco ha avuto un lancio così catastrofico che, in certi momenti, il numero di giocatori attivi su Steam si poteva contare sulle dita di una mano. Letteralmente. Era un prodotto senza identità, che cercava di scimmiottare il successo di giochi come Destiny e Warframe senza capirne minimamente le ragioni.

Il contenuto era scarno, la storia inesistente, il gameplay noioso e la grafica un pugno in un occhio. Square Enix e PlatinumGames hanno cercato di tenerlo in vita per qualche mese con aggiornamenti e contenuti stagionali, ma era come cercare di rianimare un cadavere con un defibrillatore giocattolo. I server sono stati spenti a meno di un anno dal lancio, sancendo la sua posizione come uno dei più grandi e veloci fallimenti nella storia dei giochi tripla A. Una macchia indelebile sul curriculum altrimenti stellare di PlatinumGames.

cyberpunk 2077 il flop del lancio disastro

Cyberpunk 2077 (Al Lancio)

Questo è un caso particolare, una storia di caduta e redenzione. Ma al momento del suo annuncio e durante la lunga campagna marketing, i segnali di un disastro imminente erano visibili solo a chi voleva vederli, nascosti sotto un’enorme montagna di hype. CD Projekt RED, gli eroi che ci avevano regalato The Witcher 3, stavano creando un nuovo, immenso GDR sci-fi. Cosa poteva andare storto? Apparentemente, tutto.

I Primi Segnali di Pericolo: Promesse Troppo Grandi

Per anni, Cyberpunk 2077 è stato dipinto come il gioco definitivo, un’esperienza che avrebbe cambiato il genere per sempre. Le promesse erano infinite: una città viva e reattiva, scelte con conseguenze profonde, personalizzazione senza limiti, un’intelligenza artificiale rivoluzionaria. L’hype era così smisurato che era diventato impossibile da soddisfare.

I rinvii multipli, inizialmente visti come un segno di dedizione alla qualità (“sarà pronto quando sarà pronto”), col tempo sono diventati un campanello d’allarme. Ma la vera, enorme bandiera rossa è stata la gestione delle versioni console. Fino all’ultimo, CDPR ha mostrato quasi esclusivamente la versione PC, nascondendo accuratamente lo stato disastroso del gioco su PlayStation 4 e Xbox One.

L’Analisi del Disastro (Iniziale): Un Lancio da Incubo

Il lancio di Cyberpunk 2077 è stato uno dei più catastrofici della storia moderna. Su PC, il gioco era afflitto da bug, ma giocabile e a tratti magnifico. Su console old-gen, era semplicemente un prodotto rotto, ingiocabile. Bug che rompevano le missioni, un frame rate da presentazione PowerPoint, texture che non si caricavano e un’intelligenza artificiale comatosa. La città, promessa come viva e pulsante, era popolata da NPC senza cervello che sparivano nel nulla.

La reazione è stata furiosa e immediata. Sony ha compiuto un gesto senza precedenti, rimuovendo il gioco dal PlayStation Store e offrendo rimborsi completi. È stata un’umiliazione totale per uno degli studi più amati al mondo. Cyberpunk 2077 al lancio era l’ombra sbiadita e buggata di ciò che era stato promesso. Fortunatamente, a differenza di molti altri in questa lista, la sua storia non è finita lì. Con anni di patch, l’aggiornamento 2.0 e l’eccellente espansione Phantom Liberty, il gioco è finalmente diventato il capolavoro che doveva essere. Ma la lezione rimane: mai nascondere la polvere sotto il tappeto, perché al lancio, quel tappeto verrà sollevato da milioni di giocatori inferociti.

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Anthem

BioWare, i cantastorie di Mass Effect e Dragon Age, che si lancia in un looter-shooter multiplayer à la Destiny. Già solo questa frase, nel 2017, fece drizzare le orecchie a molti. Perché uno studio rinomato per le sue trame complesse, i personaggi memorabili e le scelte morali dovrebbe inseguire un genere così incentrato sul grinding e sulla ripetitività? La risposta, purtroppo, è stata delle peggiori.

I Primi Segnali di Pericolo: Un Mondo Bellissimo ma Vuoto

Il primo trailer all’E3 era sbalorditivo. Volare con le armature Javelin in un mondo lussureggiante e alieno sembrava un sogno. Ma anche in quella demo “pilotata”, si potevano intravedere i problemi. Il gameplay sembrava un’accozzaglia di idee prese da altri giochi, e la struttura delle missioni appariva già da allora molto basilare.

Ma il vero problema era la mancanza di ciò che rendeva BioWare, BioWare:

  • Dov’è la Storia? Le presentazioni si concentravano quasi esclusivamente sul combattimento e sul loot, lasciando la narrativa in secondo piano. Per un gioco BioWare, questo era un sacrilegio.

  • Il “Social Hub”: L’idea di Fort Tarsis, un hub single-player in prima persona dove interagire con i personaggi, sembrava un goffo tentativo di inserire a forza gli elementi GDR tipici dello studio in un’esperienza che chiaramente non era pensata per quello.

L’Analisi del Disastro: Il Volo di Icaro di BioWare

Anthem è il manifesto del “bello ma senz’anima”. Il sistema di volo era genuinamente fantastico, una delle meccaniche di movimento più divertenti mai create. Il problema era che, una volta atterrati, non c’era quasi nulla da fare. Il mondo di gioco era spettacolare da vedere, ma completamente vuoto e privo di interattività.

Il loop di gameplay era brutale nella sua monotonia: accetta una missione, vola fino a un punto, difendi un’area, raccogli oggetti, torna all’hub, ripeti. Le armi sembravano tutte uguali, il loot era poco ispirato e l’endgame praticamente inesistente. La storia, debole e frammentata, non riusciva a salvare un’esperienza che si sentiva vuota e progettata a tavolino per massimizzare il tempo di gioco senza offrire un reale divertimento. Il tentativo di un reboot completo, chiamato Anthem NEXT, è stato cancellato, lasciando il gioco in uno stato di limbo perenne, un monumento a ciò che accade quando uno studio tradisce la propria identità per inseguire le mode.

immortals of aveum sparatutto flop magia

Immortals of Aveum

A volte, un gioco non fallisce perché è brutto, ma perché è la risposta a una domanda che nessuno ha mai posto. Immortals of Aveum è esattamente questo. Uno sparatutto in prima persona single-player ad alto budget, basato sulla magia anziché sulle armi da fuoco, pubblicato sotto l’etichetta EA Originals. Sulla carta, sembra un’idea fresca e interessante. Nella pratica, si è schiantato contro il muro della realtà del mercato.

I Primi Segnali di Pericolo: A Chi è Rivolto Questo Gioco?

Il problema principale di Immortals of Aveum era la sua totale mancanza di un’identità chiara. Il marketing cercava di venderlo come un’epica avventura fantasy, ma il gameplay era quello di un Call of Duty con incantesimi. Il protagonista, Jak, parlava e si comportava come un personaggio uscito da un film Marvel, con battute e un tono che stridevano terribilmente con l’ambientazione fantasy seriosa.

Il gioco sembrava intrappolato tra due mondi:

  • Troppo “Shooter” per i Fan del Fantasy: Chi ama i giochi di ruolo fantasy profondi ha trovato la narrazione e il mondo di gioco superficiali.

  • Troppo “Fantasy” per i Fan degli Shooter: Chi ama gli sparatutto competitivi non era interessato a una campagna single-player con maghi e draghi.

L’Analisi del Disastro: Tempismo e Identità Fatali

Immortals of Aveum è nato con la sfortunata etichetta di “gioco generico”. Nonostante una produzione di alto livello e un gameplay a tratti solido, non riusciva a distinguersi in nulla. La magia era essenzialmente un reskin di tre tipi di armi da fuoco (pistola, fucile d’assalto, fucile a pompa), e la struttura del gioco era un corridoio lineare intervallato da arene.

A peggiorare le cose, il tempismo del lancio è stato suicida. È uscito in un periodo affollatissimo, a ridosso di giganti come Baldur’s Gate 3 e Starfield. Con un prezzo pieno di 70€, i giocatori si sono trovati a scegliere tra un GDR generazionale, un’epopea spaziale attesa da anni e “il Call of Duty con Harry Potter”. La scelta è stata facile per quasi tutti. Le vendite sono state disastrose, portando a licenziamenti nello studio di sviluppo, Ascendant Studios. È la triste storia di un gioco competente ma senza un’anima, lanciato nel momento peggiore possibile.

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South Park: Snow Day!

Dopo due capolavori GDR come Il Bastone della Verità e Scontri Di-retti, che catturavano alla perfezione lo stile e l’umorismo della serie TV, i fan di South Park avevano grandi speranze per il prossimo capitolo videoludico. E poi è stato annunciato Snow Day!, un gioco che ha preso tutto ciò che funzionava nei predecessori e lo ha buttato dalla finestra in favore di un… roguelite cooperativo 3D. Il suono collettivo dei “facepalm” si è sentito in tutto il mondo.

I Primi Segnali di Pericolo: Un Cambio di Genere Inspiegabile

La formula era perfetta. I giochi di ruolo a turni con lo stile grafico 2D della serie erano la trasposizione ideale dell’universo di South Park. Erano divertenti, irriverenti e sembravano letteralmente degli episodi interattivi. La decisione di passare a un gioco d’azione 3D con elementi roguelite è stata accolta con un enorme e collettivo “perché?”.

I trailer hanno solo confermato i timori:

  • Stile Grafico Straniante: Il passaggio al 3D ha fatto perdere al gioco tutta la sua identità visiva. Non sembrava più di giocare un episodio della serie, ma un generico gioco per bambini con personaggi di South Park appiccicati sopra.

  • Focus sul Multiplayer: L’enfasi sul gameplay cooperativo ha fatto temere che la componente narrativa e l’umorismo tagliente, punti di forza dei predecessori, sarebbero stati sacrificati.

L’Analisi del Disastro: Una Palla di Neve Sciolta al Sole

South Park: Snow Day! non è un gioco terribile, ma è una delusione cocente. È un titolo a basso budget, breve e ripetitivo, che non riesce mai a raggiungere le vette dei suoi predecessori. Il combattimento è caotico e semplicistico, la progressione roguelite poco profonda e l’umorismo sembra una versione annacquata e stanca di quello a cui siamo abituati.

Sembra un spin-off economico fatto in fretta e furia, un tentativo di capitalizzare sul nome del franchise senza investirci la cura e la passione che avevano reso Il Bastone della Verità e Scontri Di-retti dei classici moderni. I fan non volevano un gioco cooperativo 3D, volevano un altro, grande GDR di South Park. L’aver ignorato completamente questo desiderio è stato il più grande errore, trasformando un potenziale successo in un gioco che è stato dimenticato con la stessa velocità con cui si scioglie la neve a primavera.

exoprimal dino crisis flop capcom

Exoprimal

Dinosauri. Mech. Capcom. Suona come la ricetta per il gioco d’azione definitivo. E quando Exoprimal è stato annunciato, per un breve, fugace momento, il mondo ha osato sognare: “È il ritorno di Dino Crisis!”. La realtà, come spesso accade, è stata molto più strana e deludente.

I Primi Segnali di Pericolo: Non è Dino Crisis

Il più grande problema di Exoprimal è nato da un’aspettativa che si è creato da solo. L’associazione tra Capcom e dinosauri ha immediatamente fatto pensare a un ritorno del leggendario survival horror. Invece, quello che abbiamo visto era un gioco multiplayer competitivo 5v5 dove orde di dinosauri cadevano letteralmente dal cielo attraverso dei portali.

La reazione della community è stata un misto di confusione e delusione:

  • Identità Confusa: Cos’era esattamente? Un hero shooter? Un gioco a ondate PvE? Un titolo competitivo PvPvE? Il marketing non è mai riuscito a comunicare in modo chiaro e conciso l’idea di base del gioco, lasciando tutti perplessi.

  • Concetto Bizzarro: L’idea di dinosauri usati come “arma” che piovono dal cielo sembrava più una scusa per avere tanti nemici a schermo che una premessa narrativa interessante. Mancava il terrore e la tensione di Dino Crisis, sostituiti da un caos colorato e fracassone.

L’Analisi del Disastro: Un Asteroide di Mediocrità

Exoprimal si è rivelato essere un gioco con una buona idea di base rovinata da una struttura confusa e da una mancanza di contenuti. Il gameplay può essere divertente a piccole dosi, ma l’intera esperienza è costruita attorno a una singola modalità di gioco che viene ripetuta all’infinito, con piccole variazioni.

È un gioco “live service” che, al lancio, si sentiva già a corto di fiato. È stato lanciato direttamente su Game Pass, una mossa che ne ha sicuramente aiutato la base di giocatori iniziale, ma che ha anche segnalato una mancanza di fiducia nel venderlo come prodotto a prezzo pieno. Exoprimal è il classico esempio di un gioco che non sa a chi rivolgersi. Non è abbastanza profondo per i fan degli hero shooter competitivi, non è abbastanza ricco di contenuti per gli amanti dei giochi PvE e, soprattutto, non è Dino Crisis. Un esperimento strano che è stato accolto con un’alzata di spalle collettiva.

the first descendant flop free to play warframe

The First Descendant

Nel mercato ultra-saturato dei looter-shooter “live service”, per emergere devi avere un’idea davvero speciale, un’identità unica o un gameplay rivoluzionario. The First Descendant, un titolo free-to-play coreano sviluppato con l’Unreal Engine 5, prometteva una grafica mozzafiato e azione cooperativa ad alta velocità. Il problema? Sembrava esattamente come ogni altro gioco del suo genere.

I Primi Segnali di Pericolo: Il Fantasma di Warframe e Destiny

Fin dal primo trailer, era impossibile non fare paragoni. L’estetica dei personaggi, il design delle armature, il movimento rapido con rampini e la struttura delle missioni gridavano “siamo la brutta copia di Warframe e Destiny. Non c’era un singolo elemento che sembrasse originale o innovativo.

  • Estetica Generica: Personaggi con armature futuristiche e poteri elementali che combattono orde di alieni generici in corridoi e arene. L’abbiamo visto decine di volte.

  • Gameplay Déjà Vu: Il gunplay sembrava solido ma standard, e i poteri speciali non mostravano nulla che non fosse già stato fatto meglio altrove. L’intera presentazione puzzava di “prodotto assemblato a tavolino” prendendo pezzi dai concorrenti di maggior successo.

L’Analisi del Disastro (Anticipato): Perso nella Folla

The First Descendant soffre della “sindrome del clone”. Anche se tecnicamente impressionante grazie all’UE5, il gioco manca di una propria anima. È un mix di elementi familiari che, messi insieme, creano un’esperienza funzionale ma completamente priva di personalità. Il combattimento è un tripudio di effetti visivi e particellari, ma spesso manca di impatto e peso, rendendo gli scontri più simili a un’insalata di luci che a un combattimento tattico.

In un mercato dove i giocatori hanno già investito centinaia, se non migliaia, di ore in giochi come Warframe (che è anche free-to-play) o Destiny 2, devi offrire qualcosa di veramente speciale per convincerli a cambiare. The First Descendant non lo fa. Sembra destinato a essere un gioco che verrà provato da molti, grazie al suo modello free-to-play, ma abbandonato rapidamente in favore di alternative più consolidate e originali.

crime boss rockay city attori flop

Crime Boss: Rockay City

Immagina questa proposta: un gioco cooperativo à la Payday, ma con un cast di stelle di Hollywood degli anni ’80 e ’90. Michael Madsen, Kim Basinger, Danny Trejo, Chuck Norris, Vanilla Ice… Sembra un’idea così folle e assurda da poter funzionare. E invece, Crime Boss: Rockay City è la prova che un cast stellare non può salvare un gioco fondamentalmente mediocre e mal progettato.

I Primi Segnali di Pericolo: Un Sogno Anni ’90, un Gameplay del 2005

Il trailer di annuncio ai The Game Awards è stato uno dei momenti più surreali di sempre. Vedere tutte quelle icone del cinema d’azione insieme ha creato un’ondata di nostalgia, ma il gameplay mostrato era… legnoso. Molto legnoso. Le animazioni erano rigide, l’intelligenza artificiale sembrava inesistente e l’intero pacchetto aveva un’aria da gioco a basso budget.

  • “Famous People Simulator”: L’intero marketing si basava sui volti noti, ma il gioco stesso sembrava non avere molto altro da offrire.

  • Struttura Confusa: Il gioco mescolava una campagna roguelike single-player con missioni cooperative, ma nessuna delle due componenti sembrava ben sviluppata o particolarmente divertente.

L’Analisi del Disastro: Tante Stelle, Poca Luce

Giocare a Crime Boss è un’esperienza straniante. Le performance delle star di Hollywood sono svogliate e a tratti imbarazzanti, chiaramente registrate senza alcun contesto. Il gameplay è un disastro: uno sparatutto in prima persona rigido e impreciso, con missioni ripetitive e un design dei livelli poco ispirato.

La componente roguelike della campagna è frustrante e basata più sulla fortuna che sull’abilità. È un gioco che sembra uscito da un’altra epoca, ma non in senso buono. È goffo, mal bilanciato e semplicemente non divertente da giocare. L’unica cosa che gli impedisce di essere un disastro totale è la pura assurdità della sua esistenza, che lo rende quasi un “cult del brutto”. Ma per un gioco con un cast del genere, essere “così brutto da essere quasi divertente” è un fallimento colossale.

marathon previsioni flop destiny bungie

Marathon (Previsione)

Bungie, dopo il successo planetario di Destiny, decide di resuscitare un suo vecchio e quasi dimenticato franchise, Marathon, per trasformarlo in un extraction shooter PvP. Per molti, questa è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso, il segnale che la Bungie che creava mondi e storie epiche potrebbe non esistere più, sostituita da una macchina da soldi focalizzata sulle tendenze del multiplayer.

I Primi Segnali di Pericolo: La Morte del Single-Player?

Marathon originale era un FPS con una forte componente narrativa e un’atmosfera unica. La decisione di trasformare il reboot in un gioco esclusivamente PvP, senza alcuna campagna, ha deluso i fan di vecchia data e ha fatto storcere il naso a chi ama Bungie per la sua capacità di costruire universi affascinanti.

  • Inseguire i Trend: L’annuncio è arrivato in un momento in cui il genere degli extraction shooter (popolarizzato da Escape from Tarkov) era al suo apice. La mossa è sembrata più una decisione di business per capitalizzare su una moda che una scelta creativa appassionata.

  • Stile Artistico Divisivo: Il primo, criptico trailer mostrava uno stile artistico “neo-cyber” coloratissimo e stilizzato, molto lontano dall’estetica più cupa e industriale dell’originale, creando un ulteriore scollamento con il passato del franchise.

L’Analisi del Disastro (Potenziale): Un Futuro Incerto

Sebbene il gioco non sia ancora uscito, lo scetticismo che lo circonda è un perfetto esempio di “disastro annunciato” a livello di percezione. L’idea che Bungie, ora sotto l’egida di Sony, stia dedicando le sue risorse a un gioco multiplayer senza storia, mentre la community di Destiny lamenta da tempo una mancanza di contenuti e attenzione, ha creato un forte malcontento.

La preoccupazione è che Marathon sarà un altro gioco “live service” senz’anima, progettato per vendere skin e battle pass piuttosto che per raccontare una storia memorabile. È il simbolo di un cambiamento nell’industria che molti giocatori non apprezzano: l’abbandono delle esperienze single-player in favore di modelli multiplayer più facilmente monetizzabili. Bungie dovrà fare un lavoro straordinario per convincere la community che Marathon è più di un semplice clone di Tarkov con una skin colorata.

avatar frontiers of pandora ubisoft flop uguale a far cry

Avatar: Frontiers of Pandora

Un gioco ambientato nel lussureggiante e meraviglioso mondo di Pandora, creato da Massive Entertainment (lo studio di The Division) con il loro potentissimo Snowdrop Engine. Un open world in prima persona dove puoi volare su un Ikran ed esplorare la natura selvaggia. Sembra fantastico, vero? Lo è, ma solo se non hai mai giocato a un Far Cry.

I Primi Segnali di Pericolo: Il Fantasma di Far Cry

Fin dal primo video di gameplay, la sensazione di déjà vu era fortissima. Il loop di gioco sembrava preso di peso dalla formula open world di Ubisoft:

  • Mappa Piena di Icone: Una mappa enorme punteggiata di avamposti nemici da conquistare, risorse da raccogliere e missioni secondarie ripetitive.

  • Combattimento e Stealth: Il gameplay sembrava un mix tra il combattimento con l’arco di Far Cry Primal e lo shooting contro le basi della RDA, che erano praticamente identiche agli avamposti dei giochi Far Cry.

  • Struttura Narrativa: Una storia di un “outsider” che si unisce a una fazione di ribelli per liberare la terra da un oppressore industriale. Suona familiare?

L’Analisi del Disastro (Creativo): Un Reskin Stupendo

Avatar: Frontiers of Pandora non è un brutto gioco. Anzi, è uno dei giochi tecnicamente più impressionanti mai realizzati. Esplorare Pandora è un’esperienza visiva e sonora mozzafiato, che cattura perfettamente la magia dei film di James Cameron. Il problema è che, sotto questa pelle blu meravigliosa, batte il cuore stanco e ripetitivo di un Far Cry.

Il gioco non fa assolutamente nulla per innovare o deviare dalla formula Ubisoft. È lo stesso identico gioco che abbiamo giocato per dieci anni, ma con una skin diversa. Questo lo rende un’esperienza prevedibile e, a lungo andare, noiosa. È il perfetto esempio di un’opportunità sprecata: invece di creare un’esperienza unica che sfruttasse appieno la licenza di Avatar, Ubisoft ha semplicemente applicato il suo modello più sicuro e collaudato. Un successo visivo, ma un fallimento creativo.

dollhouse behind the broken mirror flop horror indie

Dollhouse: Behind the Broken Mirror

Passiamo a un esempio dal mondo indie, a dimostrazione che i segnali di pericolo non sono un’esclusiva dei tripla A. Dollhouse prometteva un’esperienza horror psicologica con un’estetica noir e meccaniche investigative. L’idea di entrare nella mente frammentata di una detective per risolvere un mistero era intrigante. L’esecuzione, tuttavia, si è rivelata goffa e frustrante.

I Primi Segnali di Pericolo: Ambizione Contro Realizzazione

I trailer mostravano un’atmosfera promettente, ma anche animazioni legnose e un gameplay che sembrava poco rifinito. Era il classico caso di un piccolo studio con grandi idee ma risorse limitate per realizzarle al meglio.

  • Gameplay Trial and Error: Il gioco si basava sulla risoluzione di puzzle in labirinti generati proceduralmente, ma spesso la soluzione era basata su un frustrante processo di “prova e sbaglia” piuttosto che sulla logica.

  • Terrore Inefficace: I nemici, manichini immobili che si muovevano solo quando non li guardavi (un’idea presa da Doctor Who), perdevano rapidamente la loro efficacia, diventando più un fastidio che una vera minaccia.

L’Analisi del Disastro: Un Orrore Spezzato

Il gioco finale è stato accolto da recensioni prevalentemente negative. I giocatori hanno criticato i puzzle mal progettati, il ritmo lento, i controlli imprecisi e una narrazione che non riusciva a decollare. Era un gioco pieno di buone intenzioni, ma che inciampava costantemente sui suoi stessi piedi. L’atmosfera, inizialmente affascinante, veniva rovinata da meccaniche di gioco frustranti che spezzavano l’immersione. È un monito che, nel genere horror, l’idea e l’atmosfera non bastano: se il gameplay è un ostacolo, anche la casa più spaventosa diventa solo un fastidioso labirinto.

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Drag x Drive

E per finire, un titolo che ha fatto alzare più di un sopracciglio per la sua pura e semplice stranezza. Drag x Drive è un gioco di corse/combattimento/basket… in sedia a rotelle robotiche. Sì, avete letto bene.

I Primi Segnali di Pericolo: Un Concetto Troppo di Nicchia?

L’idea è così fuori dagli schemi da essere quasi geniale, ma anche incredibilmente difficile da vendere al grande pubblico. Un gioco esclusivo per Nintendo Switch 2 che richiede l’uso dei Joy-Con con controlli di movimento mouse per simulare la spinta di una sedia a rotelle è già di per sé una barriera d’ingresso enorme.

  • Pubblico Target Confuso: A chi si rivolge questo gioco? Ai fan dei giochi di corse? Ai fan dei giochi di basket? Il rischio è di creare un prodotto così specifico da non interessare nessuno di questi gruppi in modo significativo.

  • Gameplay Sperimentale: I controlli basati sul movimento possono essere innovativi, ma spesso si rivelano imprecisi e faticosi, allontanando i giocatori che cercano un’esperienza più tradizionale e immediata.

L’Analisi del Disastro (Potenziale): Un Rischio Calcolato Male?

Sebbene l’originalità sia da premiare, Drag Her! sembra un progetto destinato a rimanere un’oscura curiosità. Il suo concetto è troppo bizzarro e le sue meccaniche troppo poco convenzionali per attrarre una base di giocatori sufficiente a sostenere un’esperienza multiplayer.

Il gioco rischia di essere divertente per quindici minuti, ma di mancare della profondità e dei contenuti necessari per mantenere i giocatori incollati a lungo termine. È l’esempio lampante di come un’idea, per quanto creativa, debba essere supportata da un design solido e da una chiara comprensione del proprio pubblico. In caso contrario, anche la corsa più sgargiante rischia di finire fuori pista prima ancora di iniziare.

Ora diteci voi!

E così si conclude il nostro viaggio attraverso il cimitero delle buone (e cattive) intenzioni. Da studi leggendari che hanno perso la via a idee bizzarre che non sono mai decollate, questi giochi ci ricordano una lezione fondamentale: nel mondo dei videogiochi, nulla è scontato. Anche i nomi più grandi possono inciampare e, a volte, quel sesto senso che ci fa dubitare di un trailer ha quasi sempre ragione.

Ma ora la parola passa a voi! Qual è stato il flop annunciato che vi ha deluso di più? C’è un gioco che avete visto arrivare da lontano e che si è rivelato esattamente il disastro che temevate? Fatecelo sapere nei commenti qui sotto, siamo curiosissimi di leggere le vostre storie di delusioni videoludiche!

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