martedì, Dicembre 23, 2025

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Michele Conforti
Michele Conforti
Eh si... non si direbbe ma sono appassionato di cinema e serie tv...

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Streaming : L’Affitto Infinito e Perché Sto Dicendo Addio

Tutto è iniziato con una pizza fredda, una giornata lavorativa infernale e una crisi di nervi sfiorata per un motivo apparentemente futile. Non stavo cercando di decifrare i codici nucleari o risolvere enigmi filosofici. Volevo solo guardare un paio di puntate di The Big Bang Theory su Netflix in streaming. Una richiesta banale, vero? Venti minuti di risate leggere per spegnere il cervello e dimenticare le scadenze.

Mi siedo sul divano, telecomando alla mano, in quella posa sacra che precede il relax. Premo play. Parte la sigla familiare. Poi, il buio. O meglio, la luce accecante e indesiderata di uno spot pubblicitario. E poi un altro. E un altro ancora. Su un episodio che dura a malapena venticinque minuti, mi sono dovuto sorbire quasi dieci minuti di interruzioni promozionali.

È stata un’ecatombe. Una rottura di scatole, passatemi il francesismo, assolutamente eccessiva e ingiustificata. In quel preciso istante, mentre guardavo la pubblicità di un detersivo che non comprerò mai, ho avuto un’epifania brutale. Il cerchio si era chiuso. Eravamo scappati dalla tirannia della TV generalista, dai palinsesti imposti e dalle interruzioni continue, per rifugiarci nel paradiso on-demand. E ora? Ora quel paradiso è diventato esattamente la televisione che odiavamo quindici anni fa. Con una differenza sostanziale: questa la paghiamo, e pure cara. Quella sera ho spento la TV, ma ho acceso una riflessione che mi ha portato a una decisione drastica: sto abbandonando la nave. E oggi voglio spiegarvi perché.

intro

Streaming e la Grande Illusione dell’Abbondanza

Ricordate quando le prime piattaforme sono arrivate in Italia? Sembrava di aver trovato il codice segreto per la felicità eterna. Tutto il cinema del mondo, lì, a portata di click, per il prezzo di due cappuccini e un cornetto. Era la libertà assoluta. Non dovevi più scendere al videonoleggio, non dovevi aspettare che il film passasse in prima serata. Era tutto lì, pronto per te.

Oggi, quella libertà assomiglia sospettosamente a una gabbia dorata. Una gabbia dai muri infiniti, ma pur sempre una prigione per la nostra attenzione. Il problema non è la mancanza di contenuti, ma l’esatto opposto: l’eccesso incontrollato che paralizza la volontà.

Il Paradosso dello Streaming: Troppo da Vedere, Nulla da Guardare

C’è un termine psicologico ben preciso per descrivere l’angoscia che proviamo ogni sera davanti alla Smart TV: il paradosso della scelta. Quando le opzioni superano una certa soglia critica, il nostro cervello va letteralmente in tilt. Scegliere non è più un’opportunità eccitante, diventa un lavoro cognitivo faticoso e stressante.

streaming 2025

Quanti di voi si rivedono in questa scena drammatica? Torni a casa, stanco morto. Chiami il partner, raduni i figli se ne hai, o ti butti da solo sul divano. Il pensiero è cristallino: “Oooo, finalmente mi guardo un bel film”. Accendi la TV. Apri Netflix. Scorri. Scorri. “Questo l’ho visto”. “Questo ha una copertina brutta”. “Questo dura troppo”. Passi a Disney+. Scorri ancora. Niente. Passi a Prime Video. L’interfaccia è caotica, ti perdi. Scorri.

È passata un’ora. La cena si è raffreddata, gli occhi ti bruciano e, alla fine, stremato, metti su la solita puntata di Friends che conosci a memoria o spegni tutto per guardare il telefono. Invece di far scendere lo stress, sei collassato sotto il peso della decisione.

Quando lo Streaming Uccide l’Opera d’Arte

Questa sovrabbondanza ha generato un effetto collaterale terribile e culturale: la svalutazione totale dell’opera. Sulle piattaforme moderne, i film non sono più “Arte”. Non sono visioni uniche nate dall’urgenza espressiva di un regista. Sono diventati “contenuti”.

Sono riempitivi, mattoni colorati messi lì per fare massa critica e giustificare il prezzo mensile. Non si distinguono più da un video qualsiasi del vostro content creator preferito su YouTube. Siamo dominati da un algoritmo che non ha alcun interesse a farci vedere qualcosa che potrebbe cambiarci la vita, commuoverci o farci riflettere.

L’algoritmo ha un solo Dio: il “Watch Time”. Deve tenerci incollati allo schermo il più a lungo possibile. Se un film d’autore rischia di annoiarci nei primi tre minuti con un’inquadratura lenta, l’algoritmo lo nasconde e ci propone un action movie generico prodotto in serie. Ho perso il desiderio di cercare. Ho perso la capacità di aspettare. E, cosa più grave, ho perso il piacere profondo della visione.

Il Costo dello Streaming nel 2025: Un Salasso Continuo

Se il problema fosse solo psicologico, forse potrei anche passarci sopra. Magari è colpa mia che sono invecchiato e sono diventato insofferente alle novità. Ma qui c’è un problema molto più concreto, misurabile in euro, che sta svuotando le nostre tasche mese dopo mese con una costanza spaventosa.

streaming e soldi

Siamo onesti: il 2025 è l’anno in cui la maschera della convenienza è caduta definitivamente. Le piattaforme non stanno solo aumentando i prezzi; stanno testando il nostro punto di rottura, per vedere quanto siamo disposti a soffrire prima di staccare la spina.

I Rincari dello Streaming: Analisi dei Prezzi

Analizziamo la situazione con freddezza e dati alla mano. Piattaforme come Netflix e Disney+ hanno applicato aumenti che oscillano tra il 20% e il 30% in un solo colpo. Non stiamo parlando di piccoli aggiustamenti inflazionistici da pochi centesimi. Stiamo parlando di abbonamenti base che, per offrire un’esperienza decente (leggasi: senza interruzioni pubblicitarie e in una risoluzione che non sgrani su una TV 4K), superano ormai i 15-20 euro mensili.

Prendiamo il caso del Belgio e dei Paesi Bassi, mercati che spesso anticipano le tendenze italiane di qualche mese. Lì Netflix ha già ritoccato i listini al rialzo di altri 2 euro secchi. Il piano Premium sfonda la soglia psicologica dei 20 euro. Per un solo servizio. Se fate la somma, la cifra diventa spaventosa. Volete le serie Marvel? Disney+. Volete Stranger Things? Netflix. Volete The Boys? Prime. Volete il calcio? DAZN. La somma totale di questi “caffè al mese” è diventata una seconda rata del mutuo.

La Frammentazione dello Streaming: L’Eredità della TV via Cavo

All’inizio c’era solo Netflix. Era il monarca assoluto, comodo e benevolo. Poi le case di produzione hanno capito che potevano tagliare l’intermediario e guadagnare direttamente dai consumatori. Così è nata la “balcanizzazione” del mercato digitale.

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Ogni network ha lanciato la sua app proprietaria. Il risultato? Per vedere quello che prima vedevi con un solo abbonamento, oggi ne servono cinque o sei. Siamo passati dal voler “tagliare i cavi” della TV satellitare (il famoso cord cutting) a ricreare esattamente lo stesso mostro a più teste. Solo che ora è più costoso e richiede di gestire dieci password diverse, dieci scadenze di pagamento diverse e dieci interfacce utente diverse.

La Trappola della FOMO nello Streaming Sportivo

Un capitolo a parte merita lo sport, forse l’esempio più lampante e crudele di come la nostra passione venga usata come arma contro il nostro portafoglio. Ricordate quando DAZN è arrivato sul mercato? 9,99 euro al mese. “Il calcio è di chi lo ama”, dicevano negli spot.

il caso dazn

Oggi, per vedere la Serie A, le cifre sono quintuplicate. Fanno leva sulla FOMO (Fear Of Missing Out), la paura di essere tagliati fuori dalla conversazione sociale. Sanno che il tifoso è un ostaggio emotivo. Se c’è il derby, devi vederlo. Non puoi aspettare che esca in differita. E su questa necessità emotiva, costruiscono imperi economici basati su aumenti costanti e una qualità tecnica del servizio che spesso lascia a desiderare.

Streaming e Pubblicità: Il Grande Tradimento

Ma se c’è una cosa che mi ha fatto davvero infuriare, più dei soldi che escono dal conto, è il tradimento della promessa originale. Questo settore era nato come un patto sacro tra utente e piattaforma: “Io ti pago un fisso mensile, tu mi dai i contenuti senza pubblicità”. Era semplice. Equo. Era bellissimo. Oggi questo patto è carta straccia.

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Pagare lo Streaming per Vedere Spot

L’idea che io debba pagare un abbonamento mensile, anche se etichettato come “base” o “standard”, per poi essere interrotto dalla pubblicità, è un insulto alla logica commerciale e al rispetto del cliente. È come andare al ristorante, pagare il coperto e il piatto, e poi dover ascoltare lo chef che ti elenca le offerte del supermercato mentre cerchi di mangiare la pasta.

Su Prime Video, ad esempio, i dati sono impietosi: gli annunci per ora di visione sono raddoppiati. Siamo passati da brevi promo all’inizio a veri e propri blocchi pubblicitari da tre a sei minuti l’ora inseriti nel mezzo della narrazione. Gli utenti sono giustamente in rivolta, definiscono l’esperienza “invadente”. E hanno ragione da vendere.

Streaming Interrotto: La Fine dell’Immersione

Non è solo una questione di principio economico, è una questione di qualità dell’esperienza artistica. Un film o una serie TV sono costruiti con un ritmo preciso, studiato a tavolino dal regista e dal montatore. C’è una tensione che sale, un momento di silenzio drammatico, una battuta che deve atterrare nel modo giusto.

Se nel mezzo di una scena madre, magari mentre l’eroe sta morendo tra le braccia dell’amata, parte lo spot di un’assicurazione auto con una musichetta allegra, la magia si spezza irrimediabilmente. L’immersione crolla. Non sei più dentro la storia; sei seduto sul tuo divano a fissare un elettrodomestico che ti sta vendendo qualcosa. Vedere una serie senza spot è diventato un lusso per ricchi, una funzionalità “Premium” che devi sbloccare pagando un extra. È il modello pay-to-win dei videogiochi applicato al cinema.

Streaming come il Food Delivery: L’Analisi delle “Nuggets”

Per capire bene il meccanismo economico perverso in cui siamo finiti, voglio prendere in prestito un’analogia brillante che ho sentito recentemente riguardo alle app di food delivery. Il meccanismo mentale e le strategie di prezzo occulte sono identici.

Immaginate di voler ordinare delle semplici crocchette di pollo (le famose Nuggets). Il prezzo di listino che vedete sull’app è 8 euro. Accettabile, dite voi. Poi andate al carrello e aggiungete la consegna: 2 euro. Spunta il costo del servizio: 1 euro. Poi l’app ti dice: “Ehi, non hai raggiunto l’ordine minimo di 15 euro, quindi ti addebitiamo un supplemento per ordine piccolo di 2 euro”. Poi ti suggerisce con insistenza: “Vuoi la consegna prioritaria per non far fermare il rider altrove? Altri 1,50 euro”.

L’Economia delle Micro-Transazioni nello Streaming

Alla fine, le tue crocchette da 8 euro ti costano 15 euro. Un rincaro quasi del 100%. Lo streaming sta facendo esattamente la stessa cosa attraverso la “frammentazione delle feature”.

Vuoi vedere il film in 4K perché hai comprato una TV nuova? Paga di più. Vuoi l’audio Dolby Atmos per sfruttare la soundbar? Paga di più. Vuoi condividere l’account con tua madre che vive in un’altra casa e non sa usare la tecnologia? Paga il “nucleo extra”. Vuoi togliere la pubblicità che interrompe il film? Paga il sovrapprezzo.

Il Calcolo Reale di un Abbonamento Streaming

Alla fine, quel prezzo base di 7,99 euro che vedi nella pubblicità accattivante è solo uno specchietto per le allodole. Il costo reale per avere un’esperienza dignitosa, paragonabile a quella che avevamo inclusa nel prezzo standard tre anni fa, è più del doppio. E proprio come con le crocchette, ti senti un po’ stupido per aver accettato tutte quelle micro-transazioni pur di non alzarti dal divano.

È una strategia di “bollitura della rana”: alzano la temperatura (il prezzo) e tolgono funzionalità (la condivisione, l’assenza di spot) così lentamente che te ne accorgi solo quando ormai sei bollito.

La Proprietà Digitale nello Streaming non Esiste

Arriviamo ora al punto più doloroso, quello filosofico e pratico insieme. Quello che mi tiene sveglio la notte (metaforicamente, ma non troppo). È la realizzazione agghiacciante che, dopo dieci anni di pagamenti puntuali e fedeli, non possiedo assolutamente nulla.

Abbiamo smesso di costruire le nostre librerie personali, fatte di oggetti, ricordi e scelte, per pagare l’accesso temporaneo alle librerie di qualcun altro. E sottolineo: temporaneo.

Il Caso Mork & Mindy e i Buchi Neri dello Streaming

Vi faccio un esempio personale che mi ha fatto molto male e che spiega bene il concetto. Recentemente mi è presa una botta di nostalgia tremenda e volevo rivedere Mork & Mindy, la sit-com geniale con Robin Williams che amavo alla follia da bambino. Ho cercato su tutte le piattaforme possibili. Netflix? Disney? No. Prime? No. Paramount? Nemmeno.

Mork e mindy

Non si trova. O meglio, non si trova inclusa in nessun abbonamento “flat”. È sparita. Forse per questioni di licenze scadute, forse perché considerata “vecchia” e non abbastanza profittevole dall’algoritmo che privilegia le novità. Se voglio vederla, devo sperare di trovare i DVD usati su qualche mercatino online o comprarla in digitale a peso d’oro su qualche store (sempre con il rischio che lo store chiuda tra cinque anni).

L’Affitto Infinito delle Piattaforme Streaming

Questo è il cuore oscuro del modello streaming. Se smetti di pagare, anche solo per un mese, la tua musica, i tuoi film, le tue playlist spariscono nel nulla. Puff. Non stiamo collezionando cultura. Non stiamo costruendo un’eredità di gusti da passare ai nostri figli. Stiamo solo pagando un affitto infinito per una casa arredata da altri, che possono cambiarci i mobili sotto il naso quando vogliono.

Un giorno una serie c’è ed è nella tua lista dei preferiti. Il giorno dopo, per una disputa contrattuale tra miliardari a Los Angeles di cui non saprai mai nulla, svanisce dal catalogo italiano. E tu? Tu resti con il telecomando in mano e un abbonamento pagato, senza poter vedere quello per cui avevi pagato.

Vi ricordate la bellezza tattile di avere il porta-CD in macchina? O di aprire la custodia di un videogioco e annusare l’odore chimico inconfondibile del manuale d’istruzioni? Sfogliare il libretto di un CD, leggere i testi, guardare le foto sfocate della band mentre ascoltavi la traccia numero 4? Quello era possesso. Quello era legame. Un file nel cloud non avrà mai quell’anima e quella persistenza.

Nostalgia delle Videoteche vs Streaming Moderno

Io vivo ad Avellino. Un “buco di mondo” di circa 60.000 abitanti incastonato tra le montagne dell’Irpinia. Qui, come in quasi tutta la provincia italiana, le videoteche sono una specie estinta, fossili di un’era geologica precedente che ricordiamo con malinconia.

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Eppure, quanto mi manca quel rituale fisico. Scendere di casa, magari il venerdì sera, con l’aria frizzante addosso. Entrare nel negozio, accolti dall’odore misto di moquette, plastica e popcorn. C’era il contatto umano, c’era la vita.

Avellino e la Morte del Contatto Umano

Parlavi con il negoziante, che spesso sapeva i tuoi gusti meglio dell’algoritmo di Netflix: “Oh, è arrivato quello nuovo di Tarantino, te l’ho messo da parte”. Chiedevi consiglio al tizio accanto a te che stava fissando lo scaffale dell’horror con aria dubbiosa. Si creavano connessioni, si scambiavano opinioni reali, non commenti astiosi sotto un post di Facebook.

Il mondo moderno sembra spingerci a chiuderci sempre di più in casa, isolati nelle nostre bolle, illuminati solo dalla luce blu di un menu che scorre all’infinito. La comodità digitale ci ha tolto la socialità della scoperta.

Il Valore del Disco vs il File in Streaming

Quando sceglievi un film in videoteca, lo affittavi o lo compravi e te lo portavi a casa come se fosse una reliquia sacra. Lo tenevi tra le mani. E siccome avevi fatto la fatica fisica di uscire, cercare e spendere soldi per quel titolo specifico, te lo guardavi con un’attenzione religiosa. Magari lo guardavi pure due o tre volte nel weekend prima di restituirlo, per cogliere ogni sfumatura.

Oggi, il valore percepito di un film su Netflix è prossimo allo zero. Perché ce ne sono altri mille a fianco. Se un film ci annoia, lo chiudiamo dopo cinque minuti senza pietà. Non gli diamo nessuna possibilità di crescere. Abbiamo perso la pazienza perché abbiamo perso il senso del valore. Il digitale ha reso tutto accessibile, ma ha reso tutto privo di peso specifico.

Abbandonare lo Streaming: La Mia Strategia

Quindi, cosa si fa? Ci si arrende a questo destino di consumatori passivi e paganti? Si continua a pagare aumenti su aumenti lamentandosi inutilmente sui social? Io ho deciso di no. Non sto diventando un eremita luddista che vive nei boschi senza elettricità, sia chiaro. Amo il cinema, amo la musica e amo la tecnologia. Ma sto cambiando radicalmente il mio modo di consumare.

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Ecco il mio piano di battaglia personale per uscire dalla gabbia dorata:

Ritorno al Supporto Fisico

Ho ricominciato a comprare. Sì, comprare davvero. Blu-Ray, 4K Ultra HD, Vinili, CD. Quando un film mi piace davvero, voglio possederlo. Voglio vederlo sullo scaffale. Voglio sapere che tra vent’anni, se avrò ancora un lettore e una TV, potrò vederlo indipendentemente dal fatto che Netflix esista ancora, sia fallita o abbia perso i diritti.

C’è anche un discorso tecnico che spesso viene ignorato: la qualità video di un Blu-Ray 4K umilia qualsiasi streaming compresso. Il bitrate (la quantità di dati video al secondo) è tre, quattro volte superiore a quello delle piattaforme migliori. I neri sono neri profondi, non grigi a quadrettoni pixellosi. L’audio non è compresso. È l’esperienza definitiva.

Creare un Server Personale

Per i più smanettoni (come me), la soluzione definitiva si chiama Plex o Jellyfin. Ho iniziato a digitalizzare la mia collezione di DVD e Blu-Ray e l’ho messa su un hard disk di rete (NAS) a casa. Risultato? Ho creato il mio Netflix privato e locale. Senza abbonamenti mensili. Non voglio pubblicità. Senza film che spariscono nel nulla. E soprattutto, con una copertina e una descrizione che ho scelto io. È un investimento iniziale in hardware, certo, ma la sensazione di indipendenza e controllo è impagabile.

Rotazione Intelligente dei Servizi

Per le cose che non posso comprare o che voglio solo “assaggiare”, applico la regola della ghigliottina. Ho disdetto quasi tutto. Tengo attivo un solo servizio streaming alla volta, a rotazione. Un mese faccio Netflix, guardo ossessivamente quello che mi interessa, e disdico subito. Il mese dopo faccio Disney+, guardo le novità Marvel o Star Wars, e disdico. Non regalo più i miei soldi per mesi di inattività o pigrizia. Devono guadagnarseli ogni trenta giorni.

Il Ritorno della Pirateria e la Crisi

Non posso chiudere questo articolo senza toccare un tasto dolente, emerso chiaramente dalle recensioni, dai forum online e dalle discussioni tra amici: il ritorno prepotente della pirateria. Non sono qui per fare la morale a nessuno, né tantomeno per incitare all’illegalità. Ma è un dato di fatto sociologico ed economico innegabile.

pirateria e streaming

Perché la Pirateria Minaccia di Nuovo

Quando il mercato legale diventa troppo costoso, troppo frammentato, troppo scomodo e pieno di ostacoli, la gente cerca alternative. È una legge di natura del web. Il blocco della condivisione delle password imposto da Netflix è stato l’ultimo chiodo sulla bara per la pazienza di molti utenti onesti. Persone che dividevano la spesa in famiglia o con coinquilini e che ora si trovano la porta sbarrata.

Molti di questi non faranno l’abbonamento a prezzo pieno per principio. Molti torneranno a navigare nei mari tempestosi del torrent e dello streaming illegale. Non è una giustificazione, è una conseguenza logica. Le piattaforme hanno tirato troppo la corda, e la corda si sta spezzando. Hanno dimenticato la lezione fondamentale che aveva sconfitto la pirateria dieci anni fa, insegnata da Gabe Newell di Valve: “La pirateria è un problema di servizio. Offri un servizio migliore dei pirati a un prezzo onesto, e la gente pagherà”. Oggi il servizio legale è spesso peggiore (pieno di pubblicità e blocchi) e il prezzo è percepito come disonesto. Fate voi i conti.

Conclusioni: Riconquistare il Proprio Tempo

Abbandonare (o ridurre drasticamente) lo streaming mi ha restituito qualcosa che non sapevo di aver perso: la gioia della scoperta attiva. Non sono più un utente passivo, un terminale che viene imboccato da un algoritmo affamato di dati personali. Sono tornato a essere uno spettatore. Un collezionista. Un appassionato che sceglie cosa amare.

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Quando stasera mi siederò sul divano, non perderò quarantacinque minuti a cercare una copertina colorata in un mare di nulla. Mi alzerò, andrò verso la mia piccola libreria fisica, sceglierò una custodia, sentirò il “clack” soddisfacente del disco che entra nel lettore e mi godrò un film. Dall’inizio alla fine. Senza spot del detersivo. Non voglio scritte in sovrimpressione che coprono i sottotitoli. Senza nessuno che mi dica: “Ti potrebbe piacere anche questo”.

E vi assicuro, la vista da qui è decisamente migliore. Si vede il cinema, non il contenuto.

Dite la Vostra nei commenti

E voi? A che punto siete della vostra soglia di sopportazione? Avete già dato disdetta a qualche servizio o continuate a pagare l’obolo mensile per inerzia o paura di perdervi l’ultima serie del momento? Raccontatemi la vostra esperienza nei commenti qui sotto, sono davvero curioso di sapere se sono l’unico “vecchio pazzo” che rimpiange le videoteche di Avellino o se siamo un esercito silenzioso pronto alla rivoluzione.

Se questo articolo vi ha fatto riflettere, condividetelo con quell’amico che si lamenta sempre dei prezzi di Netflix ma non fa mai nulla per cambiare. E non dimenticate di iscrivervi al nostro canale YouTube di Top Movies Italia: lì parliamo di queste cose a voce, analizziamo il mercato e vi assicuro che non ci sono interruzioni pubblicitarie ogni cinque minuti (almeno non per colpa nostra!). Ma.. non dimenticate di seguire il nostro spazio TECH!

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