Avete presente quando guardate un horror e pensate: “Ok, questo film mi sta giudicando mentre lo guardo”? O quando una star si innamora talmente tanto del suo personaggio da interpretarne non uno, ma due? Ecco, con la trilogia X – Pearl – MaXXXine succede esattamente questo: sesso, sangue, cinema nel cinema… e Mia Goth che ti fissa come se sapesse tutto di te.
Oggi facciamo un viaggio non solo nell’horror, ma in un vero e proprio Universo Cinematografico A24 che usa gli slasher, i melodrammi e il neo-noir per parlare di ossessione, fama e del prezzo (spesso fatale) della celebrità. Preparatevi, perché Ti West non ci racconta solo tre storie: ci racconta tre epoche, tre stili e, soprattutto, ci sbatte in faccia cosa significa desiderare di lasciare un segno sullo schermo. Mettetevi comodi, si parte per gli anni ’70!
La Trilogia X: Più di Semplici Slasher, un Discorso Profondo sul Cinema
La trilogia X di Ti West, prodotta da A24, è forse l’operazione più intelligente e stratificata dell’horror recente. Sulla carta, i tre film – X, Pearl e MaXXXine – sono catalogabili come slasher e psicodrammi sanguinosi. Ma in realtà, l’intera opera è un enorme e coeso discorso sul cinema stesso.
Ti West ha costruito non solo tre film, ma un piccolo universo condiviso incentrato sul rapporto tra corpi, cinepresa e violenza. L’idea meta-narrativa è chiarissima: ogni film non si limita a narrare la parabola tragica o ambiziosa della sua protagonista, ma parla del suo specifico periodo cinematografico.

X: L’Exploitation che Sogna Hollywood – Anatomia di uno Slasher Meta-Narrativo
Partiamo dal principio, l’episodio che ha dato il via a tutto: X. Siamo nel 1979. L’estetica scelta è quella degli slasher anni ’70, i figli irriverenti di Non aprite quella porta, del grindhouse e dell’exploitation. Il regista Ti West, che non è nuovo al genere (ricordiamo The House of the Devil e The Innkeepers), qui alza l’asticella.
La trama di base è meravigliosamente semplice e carica di ironia sul mondo del cinema low-budget: un gruppetto di ragazzi — un produttore, un regista, un’ingenuotta al microfono, due interpreti e la starlette Maxine Minx (Mia Goth) con sogni di gloria — affittano una dependance in una fattoria isolata, gestita da una coppia di anziani poco ospitali, Howard e Pearl. Il loro obiettivo? Girare un film porno indipendente.
Il Cinema Contro la Vita: Quando il Set Diventa una Trappola
X è, in primis, un film sul porno indipendente a basso budget che proprio in quegli anni stava esplodendo e cercava disperatamente di diventare mainstream. La fattoria isolata, il furgone, la mancanza di mezzi e la necessità di adattarsi a location improbabili (come amano dire i produttori indipendenti: “non c’era altra scelta”) riflettono perfettamente quel momento storico.

L’elemento di genio sta nella doppia interpretazione di Mia Goth. Da un lato, abbiamo Maxine, la giovane protagonista che vuole la fama ad ogni costo, con la sua sicurezza e il suo credo: “I will not accept a life I do not deserve”. Dall’altro, Mia Goth, irriconoscibile sotto pesanti protesi e lattice, è Pearl, la proprietaria di casa anziana, che osserva i ragazzi pieni di vita e desiderio con una miscela esplosiva di invidia, frustrazione e ossessione.
Questa scelta attoriale è un potentissimo commento sul tempo che passa e su come il cinema percepisce e tratta i corpi, giovani o vecchi che siano. Il set si trasforma in un luogo di caccia e la linea sottile tra chi filma e chi è filmato si dissolve. Il film, girato con una precisione chirurgica che evoca la grana e gli zoom lenti dell’exploitation senza mai cadere nella parodia, ci lascia con il sospetto che l’orrore vero non sia solo il coltello, ma l’occhio della cinepresa.

Pearl: Il Sogno Technicolor di una Star Nascente (e Sanguinaria)
Dopo X, Ti West e Mia Goth ci hanno fatto un regalo inaspettato (e scritto a quattro mani): un prequel. Pearl è un film radicalmente diverso, quasi uno schiaffo visivo dopo la grana sporca di X.
Facciamo un salto indietro fino al 1918, in piena epidemia di influenza spagnola. Ambientato nella stessa fattoria (che in questo capitolo sembra quasi un palcoscenico teatrale), troviamo Pearl da giovane. La giovane Pearl è chiusa lì con una madre rigidissima e un padre malato. Suo marito è al fronte. Il suo unico scopo è scappare dalla fattoria e diventare una star del cinema o ballerina.
L’Estetica della Trilogia X: da Cartolina e Violenza Stravolgente
L’operazione estetica qui è clamorosa: il film è girato come se fosse un melodramma Technicolor anni ’50. Ti West inonda lo schermo di colori sparatissimi, campi lunghi e musiche orchestrali, usando transizioni che strizzano l’occhio al “vecchio cinema”. Tutto, dal campo di mais al laghetto con l’alligatore, è presentato con un’estetica da cartolina, da musical.
Questo stile, apparentemente innocuo, rende l’esplosione della violenza ancora più straniante. Pearl è in superficie ingenua e adorabile, ma cova una rabbia repressa e una frustrazione enorme. Il film ci mostra il momento in cui la sua fantasia, la sua idea che il cinema sia l’unica salvezza, comincia a creparsi. E più le crepe si allargano, più la violenza erompe.
Questo capitolo non solo ci fa capire come l’anziana Pearl di $X$ sia diventata così, ma ci sfida a empatizzare con lei, rendendo il personaggio quasi spaventoso proprio perché comprensibile. È qui che Mia Goth regala una delle sue prove più acclamate, con il famoso monologo lunghissimo in piano fisso. Un momento di cinema puro, dove l’obiettivo non si stacca mai dal suo volto mentre lei attraversa ogni emozione possibile. Non è un caso che Pearl sia diventata subito una nuova icona horror contemporanea.

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🔔 Iscriviti al canaleMaXXXine: Neon, VHS e la Resa dei Conti Finale con Hollywood
A chiudere il cerchio narrativo e stilistico arriva MaXXXine, il sequel diretto di X. Passiamo dalla polvere del Texas e il fango del 1918 alla Los Angeles satura di neon, insegne luminose e culto della celebrità degli anni ’80.
Maxine Minx, l’unica sopravvissuta agli orrori della fattoria, è arrivata a Hollywood con un solo scopo: non sprecare la seconda chance e diventare una star del cinema horror. L’ambientazione è l’era del VHS, del satanic panic e dei serial killer che riempivano i telegiornali, in stile Night Stalker.
La Città che Divora e lo Scontro tra Predatori
MaXXXine ci immerge nel neo-noir anni ’80. La regia strizza l’occhio in modo palese a maestri come De Palma e Argento, con l’uso sapiente di split-diopter, giochi di riflessi e set cinematografici costruiti all’interno dei set della storia. L’idea meta-cinematografica si fa ancora più acuta. Se in X c’era l’esplosione del porno, in MaXXXine c’è la Hollywood che divora chiunque pur di produrre contenuti, tra horror di serie B e tape da videonoleggio.
Maxine è più ambiziosa che mai, ma porta addosso i traumi e le cicatrici che la rendono dura e cinica. Deve farsi strada in una città che la vede come “carne da macello” cinematografica. A complicare le cose, un misterioso killer comincia a seguire le sue tracce.
Il film si conclude con una potente resa dei conti tra Maxine e l’industria. La domanda centrale non è più chi sopravvive, ma chi sfrutta chi? Maxine è semplicemente un prodotto, una predatrice o è il sistema stesso di Hollywood che la sta divorando? Ti West gioca in modo continuo su questo doppio livello, usando la Los Angeles notturna come un grande parco giochi dell’orrore, dove Maxine è osservata, letteralmente, da ogni telecamera e insegna.
Maxine: L’Evoluzione della “Final Girl” nella Trilogia X
In questo capitolo, Mia Goth trasforma Maxine in una final girl definitiva. Il suo lavoro su corpo e postura è fondamentale. La sua fame di attenzione si scontra con il trauma passato, e il film si diverte a metterla in scena dentro altri set horror, creando un continuo gioco di specchi che riflette l’ossessione americana per il giallo e la violenza spettacolarizzata.

L’Architettura Tecnica: Un Regalo per gli Amanti della Regia Consapevole
Al di là della storia, la trilogia X è un manuale di regia e fotografia. Ti West non ha solo cambiato i vestiti ai suoi personaggi; ha cambiato la pelle stessa dei film, pur mantenendo un’incredibile coerenza tematica.
Eliot Rockett: Il Direttore della Fotografia Dietro Ogni Epoca
Un dettaglio cruciale e spesso sottovalutato è che dietro tutta la trilogia c’è lo stesso direttore della fotografia, Eliot Rockett. Riuscire a tenere insieme tre mondi visivi così distinti e iconici è stata un’impresa notevole, tanto da essere premiato da diverse associazioni di critici per la forza della fotografia in X e Pearl.
In X: Rockett cattura l’essenza del nastro consumato e del low-budget. L’uso della grana e le inquadrature richiamano l’exploitation, ma l’esecuzione è di una precisione chirurgica e modernissima.
In Pearl: Il registro è stravolto. I colori sono sparati e saturi, i campi lunghi richiamano il melodramma classico, e la luce è orchestrale. L’effetto è quello di un film classico, finché la violenza non irrompe nel mezzo di questa estetica da cartolina, ricordandoci la firma A24.
In MaXXXine: Si entra nel mondo delle luci al sodio e dei neon. I movimenti di macchina si fanno più frenetici, tipici del thriller anni ’80, con un uso artistico di riflessi e ombre.

La Location come Personaggio: Dalla Nuova Zelanda a Los Angeles
Anche la scelta e l’uso delle location sono un punto di forza strategico.
La Fattoria Maledetta: Isolamento e Palcoscenico
La fattoria texana di X sembra la classica casa maledetta del Sud degli Stati Uniti. Il colpo di scena è che, per avere il totale controllo visivo (altro elemento di control-freak registico), Ti West e la produzione hanno scelto di girare in Nuova Zelanda, costruendo la casa e il fienile da zero. Questo ha permesso di enfatizzare i campi lunghi, l’orizzonte vuoto e quella sensazione di isolamento totale necessaria per un buon slasher.
In Pearl, la stessa struttura viene trasformata in un palcoscenico teatrale. Le stanze sono le stesse, ma l’illuminazione e la colorazione le rendono irriconoscibili, quasi come se la fattoria stessa fosse intrappolata nella fantasia melodrammatica di Pearl.
Los Angeles Anni ’80: La Fabbrica dei Sogni che Ti Spia
MaXXXine rompe l’isolamento della fattoria e si espande nella Los Angeles degli anni ’80. Non siamo più “prigionieri” della fattoria, ma immersi tra locali notturni, set cinematografici e strade piene di cartelloni. West utilizza la città come un grande parco giochi dell’orrore, pieno di ombre, insegne e, fondamentale, telecamere ovunque. Questo è il capitolo in cui il mondo, rappresentato dalla metropoli e dalla sua industria, la guarda da ogni angolazione, trasformando la paranoia in realtà.
Mia Goth: La Forza Riconoscibile, Inquietante e Necessaria della Trilogia X
Non si può parlare della trilogia X senza dedicare un capitolo a parte al suo elemento più potente, il vero motore della narrazione: Mia Goth. Il suo lavoro in questa saga è stato definito come una prova pazzesca, e ha creato un ponte tematico e visivo tra i tre film che nessun altro attore avrebbe potuto replicare.

Il Doppio Ruolo in X: Gioventù e Vecchiaia, Desiderio e Frustrazione
Come abbiamo visto, in X Mia Goth interpreta due ruoli complessi, distanti decenni, entrambi animati da un’incontenibile fame di vita e celebrità.
Maxine: La starlette con la sua sicurezza, le sue pose e il motto di non accettare una vita immeritevole. Rappresenta il futuro, il desiderio acceso e la gioventù vista attraverso la lente del cinema exploitation.
Pearl Anziana: Interpretazione radicale ottenuta con prostetici, trucco pesante e un lavoro meticoloso su voce e movimento del corpo. Questa Pearl, pur piegata dal tempo, è ancora consumata dal desiderio e dalla frustrazione. Il fatto che la stessa attrice rappresenti il passato e il futuro di un desiderio bruciante è il commento più potente del film sul destino delle star.
L’Esplosione Emotiva in Pearl: La Nuova Icona Horror
È in Pearl che Goth si prende la scena e realizza una performance di quelle che fanno la storia dell’horror recente. Il personaggio di Pearl è costruito sulle sue corde: è il ritratto di una donna che è contemporaneamente ingenua e capace di una rabbia terrificante.
Il punto culminante, come detto, è il monologo. Per lunghissimi minuti, la macchina da presa la inchioda, costringendo lo spettatore a confrontarsi con la sua fragilità, la sua ossessione e la sua violenza latente86. È un saggio di recitazione che le ha garantito il posto nei riepiloghi culturali come personaggio simbolo dell’anno. In quel momento, Goth non interpreta solo un villain; interpreta il sogno americano infranto e la follia che ne deriva.
L’Ultimo Atto della Trilogia X: MaXXXine. La Final Girl Cinica
Infine, in MaXXXine, la vediamo completare l’arco di Maxine. Non è più la starlette ingenua di X; è una donna dura, segnata, ma con una fame di fama quasi religiosa.
In questo capitolo, Goth lavora per cementare Maxine come una figura mitica e iconica. Il film stesso gioca con la sua immagine, inserendola in altri set horror, facendola confrontare con l’immaginario del cinema di genere che ora vuole domare. La sua trasformazione riflette la natura vorace di Hollywood: solo chi è abbastanza cinico, violento o affamato può resistere alla sua macchina tritacarne.

Perché la Trilogia X è Obbligatoria per i Fan
Analizzando la struttura e i temi della trilogia X, possiamo capire perché è diventata così popolare e cruciale per il panorama horror moderno, non solo per il gore, ma per il suo valore intelligente e stratificato.
Il Cinema nel Cinema: Il Gioco Meta-Narrativo di Ti West
La forza duratura di questa saga non risiede solo nel brivido, ma nel suo essere un progetto che usa il cinema nel cinema. È un horror che costringe il pubblico a riflettere sul proprio atto di guardare.
Riflessione su Sesso e Violenza: X ci interroga sul perché siamo attratti dalla violenza e dal sesso sullo schermo, mettendo in discussione la linea tra exploitation e critica sociale.
Viaggio Storico-Audiovisivo: L’intera trilogia è un riassunto dei momenti chiave della storia audiovisiva: la nascita del cinema popolare (Pearl), l’esplosione del porno e del grindhouse (X), e l’era VHS del culto della celebrità (MaXXXine).
Personaggi Iconici della Trilogia X e Complesso Equilibrio
Ti West non crea semplici carnefici o vittime. Costruisce personaggi complessi come Maxine e Pearl, che sono allo stesso tempo vittime, carnefici, sogno infranto e nuova icona horror.

Questa ambiguità tematica rende la trilogia irresistibile per il pubblico più esigente. Non è solo “quella dei film con Mia Goth che urla e ammazza la gente” (anche se, ammettiamolo, basterebbe già quello). È un horror che non si vergogna di essere sporco e crudele, ma che allo stesso tempo innesca una riflessione profonda.
L’Ordine di Visione Consigliato
Per chi volesse recuperare la saga, l’ordine di visione consigliato, per godersi al meglio l’arco del personaggio di Maxine e la rivelazione di Pearl, è quello di uscita: prima X, poi il prequel Pearl, e infine il sequel MaXXXine. Questo ordine permette di vivere pienamente la sorpresa estetica e narrativa che Ti West ha meticolosamente costruito.
L’eredità Cinematografica e il Futuro dell’Horror A24
L’impatto di questa trilogia va oltre il successo al botteghino. Ha cementato la reputazione di A24 non solo come produttore di horror art house, ma come incubatore di franchise intelligenti che imitano le logiche dei grandi universe pur mantenendo una forte identità autoriale.
Ti West stesso ha ammesso di voler costruire un “mondo” con ogni capitolo con stili visivi e sottogeneri diversi, proprio come si fa oggi con i franchise. Ma lo fa con una consapevolezza storica e una cura artigianale che raramente si vedono nei grandi sequel.
La Paura di Non Essere Visti: Il Vero Mostro della Trilogia X
Se dovessimo estrarre un unico filo conduttore che unisce i tre film, non è il sangue, ma la paura di non lasciare un segno.
La Pearl del 1918 è terrorizzata dall’idea di morire senza aver mai visto il suo volto proiettato, di restare intrappolata nella sua fattoria.
La Maxine di X è disposta a tutto pur di diventare una “star con grandi sogni”, anche a girare un porno in una bettola.
La Maxine di MaXXXine è una sopravvissuta che ha trasformato il suo trauma in carburante per la celebrità, costantemente alla ricerca di uno schermo su cui apparire.
Il vero orrore, in questa saga, è la consapevolezza che Hollywood (o il mondo, o lo spettatore) ti vuole usare come carne da macello, e la disperazione con cui si lotta per trasformare quella vulnerabilità in potere, in qualcosa di eterno, in un’immagine che non potrà mai morire, come quella di un’icona horror.

La Critica Sociale e la Lente Femminile nella Trilogia X
La trilogia è anche un commento potente sul corpo femminile nell’industria cinematografica.
In X, il corpo è un prodotto, sessualizzato e poi brutalizzato.
In Pearl, il corpo è uno strumento imprigionato, che cerca la liberazione attraverso la danza o lo schermo.
In MaXXXine, il corpo è un’arma, ma è anche il bersaglio di un killer che incarna la violenza sociale contro le donne ambiziose.
L’uso di Mia Goth nel doppio ruolo di Maxine/gioventù e Pearl/vecchiaia non è solo un gimmick, ma un punto focale per la critica. Mostra il destino crudele che attende le “star” una volta che la loro utilità (cioè, la loro giovinezza) è svanita, e l’invidia che ciò genera in chi non ha mai avuto la possibilità di brillare. È l’horror che ti giudica, perché ti sta chiedendo: e tu, cosa sei disposto a guardare, e cosa sei disposto a sacrificare per la tua ossessione?
Conclusione: L’Obbligo di Recupero
Insomma, la Trilogia X è un esempio lampante di come l’horror, quando fatto con intelligenza e una forte visione autoriale, possa essere uno specchio crudele ma necessario della società e dell’industria che lo produce. È un’esperienza cinematografica a tutto tondo, dove lo stile visivo è inseparabile dal messaggio.
Ora tocca a te: quale film ti è piaciuto di più?
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