mercoledì, Novembre 5, 2025
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Andrea Volpi - Top Games
Andrea Volpi - Top Gameshttps://topgamesitalia.com
Sono Andrea Volpi, appassionato di videogiochi e tecnologia fin da bambino. Top Games è per me uno sfogo e un modo per comunicare raccontando la mia esperienza nel mondo dei videogiochi in maniera molto personale e soggettiva.

RECENSIONE IN BREVE

Elden Ring si consacra come un capolavoro imperfetto (Voto 8.5/10), un'opera che ha rivoluzionato il genere open world. Il suo Interregno, guidato da una sublime direzione artistica, fonde esplorazione libera e un gameplay soulslike rifinito, pur inciampando su una certa ripetitività dei contenuti minori e un comparto tecnico cross-gen.

L'espansione, Shadow of the Erdtree, prosegue su questa scia, offrendo un nuovo, magnifico continente da esplorare. Tuttavia, introduce una difficoltà brutale e un sistema di progressione che svaluta i progressi del giocatore, risultando a tratti frustrante e artificiale.

Anche il DLC si merita un 8.5/10: un'aggiunta di contenuti monumentale e visivamente sbalorditiva, che conferma la grandezza di FromSoftware ma anche la sua tendenza a inciampare su questioni di bilanciamento. Un'esperienza imperdibile, ma che richiede immensa pazienza.

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Recensione con voto Elden Ring aggiornata

Ci sono giochi che definiscono un genere. E poi ci sono giochi che lo trascendono, prendendo una formula consolidata e proiettandola in una dimensione del tutto nuova. Elden Ring appartiene senza ombra di dubbio a questa seconda categoria.

L’ultima, monumentale fatica di FromSoftware, orchestrata dalla mente di Hidetaka Miyazaki con il contributo del leggendario George R.R. Martin, non è semplicemente “un altro Dark Souls”. È la summa di un decennio di esperienza, un’opera che ridefinisce il concetto di open world e che, pur con qualche imperfezione, si erge come uno dei titoli più importanti della sua generazione.

Dopo oltre 150 ore trascorse nell’Interregno, tra lande desolate, cieli dorati, bossfight memorabili e innumerevoli morti, siamo pronti a consegnarvi la nostra recensione completa. Non sarà un elogio sperticato, ma un’analisi onesta e critica che ci ha portato ad assegnare un voto di 8.5 su 10.

Un punteggio altissimo, che celebra un trionfo videoludico, ma che riconosce anche i limiti di un’ambizione così smisurata. Mettetevi comodi, Senzaluce, perché il viaggio per diventare Lord Ancestrale è lungo, tortuoso e incredibilmente affascinante.

Un Mondo Nuovo e Spietato: L’Interregno è il Vero Protagonista

La prima, schiacciante verità di Elden Ring è che il suo mondo, l’Interregno, non è solo un’ambientazione: è il protagonista assoluto. Da anni, il dibattito sugli open world si polarizza attorno a due filosofie: la vastità densa di contenuti di un The Elder Scrolls V: Skyrim e la libertà basata sulla fisica e sulla scoperta organica di un The Legend of Zelda: Breath of the Wild.

FromSoftware, con una mossa tanto audace quanto geniale, non ha scelto una delle due strade. Le ha fuse insieme, creando un ibrido che attinge il meglio da entrambi i mondi e lo contamina con il proprio DNA spietato e misterioso.

Appena usciti dal tutorial e messo piede a Sepolcride (Limgrave), si viene investiti da una sensazione di sgomento e meraviglia. L’Albero Madre dorato domina l’orizzonte, castelli in rovina punteggiano le colline e creature sconosciute pattugliano il paesaggio.

La mappa, inizialmente avvolta nella nebbia, non è costellata di icone e punti interrogativi. Il gioco non ti prende per mano. Ti mostra un orizzonte e, con un silenzio eloquente, ti sussurra: “Vai. Scopri. Sopravvivi”.

Il viaggio è il gioco stesso e Miyazaki ha creato un incubo

È qui che risiede la prima, grande vittoria di Miyazaki. L’esplorazione non è un mezzo per arrivare a un obiettivo, ma è il gioco stesso. Ogni collina nasconde una catacomba, ogni rovina un sotterraneo, ogni foresta un boss opzionale. La curiosità è costantemente stimolata e, cosa più importante, quasi sempre ricompensata.

Vedere in lontananza una torre diroccata o una carovana scortata da giganti non è solo un piacere per gli occhi; è un invito all’avventura, una promessa di nuove armi, incantesimi, talismani o, più spesso, di una morte gloriosa.

L’Interregno è immenso, ma raramente vuoto. È un mondo che respira storia e tragedia da ogni poro. Attraversare la terra putrescente di Caelid, con il suo cielo rosso sangue e i suoi mostri deformi, racconta una guerra antica più di mille righe di dialogo.

recensione con voto completa di elden ring top games italia

Ammirare la magnificenza architettonica di Leyndell, la Capitale Reale, o perdersi nella bellezza eterea di Liurnia Lacustre, è un’esperienza visiva ed emotiva che pochi altri giochi possono vantare. L’assenza di una guida esplicita spinge il giocatore a osservare, a connettere i punti, a diventare un archeologo di un mondo in rovina.

Il Gameplay: L’Evoluzione della Sofferenza

Se il mondo è la grande novità, il cuore pulsante di Elden Ring rimane saldamente ancorato alla tradizione soulslike. Chiunque abbia mai giocato a un capitolo di Dark Souls si sentirà immediatamente a casa.

La gestione della stamina, il peso dell’equipaggiamento, le schivate calcolate al millesimo di secondo (i-frames), i parry e i backstab: tutto il lessico di FromSoftware è presente e perfettamente riconoscibile. Eppure, anche qui, il team di sviluppo ha introdotto innovazioni cruciali che modificano profondamente il ritmo e l’approccio al combattimento.

Le due aggiunte più significative sono il salto e la possibilità di cavalcare il fido Torrente.

  1. Il Salto: Sembra una meccanica banale, ma in un soulslike cambia tutto. Il salto introduce una verticalità prima sconosciuta, sia nell’esplorazione che nel combattimento. Permette di superare ostacoli, di trovare percorsi alternativi per aggirare nemici potenti e, soprattutto, di sferrare potenti attacchi in salto che possono facilmente sbilanciare gli avversari, aprendoli a critici devastanti. Il level design, specialmente nei Legacy Dungeon, è costruito attorno a questa nuova mobilità, creando situazioni tattiche molto più complesse e gratificanti.

  2. Torrente, lo Spettro Equino: La cavalcatura è essenziale per attraversare le vaste distese dell’Interregno, ma il suo ruolo non si limita al trasporto. Il combattimento a cavallo è una componente fondamentale degli scontri nel mondo aperto. Affrontare draghi, sentinelle arboree e altri colossi a cavallo è spettacolare e offre un approccio più tattico, basato sul “colpisci e fuggi”.

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il salto di torrente in elden ring e elden ring dlc

La nota dolente del mondo di Elden Ring nella recensione con voto aggiornata

Ed è proprio qui che incontriamo la prima, sensibile crepa nell’armatura scintillante di Elden Ring. Sebbene funzionale, il combattimento a cavallo manca di profondità. Le opzioni offensive sono limitate (attacco leggero e pesante su entrambi i lati), e la manovrabilità di Torrente, seppur agile, può risultare imprecisa negli scontri più concitati.

Spesso, le battaglie contro i nemici più veloci si trasformano in un monotono carosello di attacchi in corsa, privo della finezza strategica che caratterizza i combattimenti a piedi. È una meccanica utile, a tratti necessaria, ma che non raggiunge mai l’eccellenza del sistema di combattimento principale.

È una soluzione pratica a un problema di design (le grandi distanze), ma non un’aggiunta ludica pienamente riuscita.

A queste novità si aggiunge il Guard Counter (Contrattacco), che permette di sferrare un potente fendente dopo aver parato un colpo con lo scudo, e le Ceneri di Guerra, che consentono una personalizzazione delle abilità delle armi senza precedenti.

Queste meccaniche, unite a un sistema di evocazione (le Ceneri di Spirito) che permette di chiamare in aiuto una vasta gamma di alleati controllati dall’IA, rendono Elden Ring il soulslike potenzialmente più accessibile di sempre.

due mondi che si scontrano in elden ring

Un Racconto di Due Giochi: L’Open World e i Legacy Dungeon

La struttura di Elden Ring può essere vista come una dicotomia tra due esperienze di gioco distinte ma interconnesse: l’esplorazione libera del mondo aperto e l’incursione nei claustrofobici e labirintici Legacy Dungeon.

Nel mondo aperto, la libertà è totale. Se un boss ti sbarra la strada, puoi semplicemente girargli alla larga, esplorare un’altra regione, completare decine di mini-dungeon (caverne, catacombe, gallerie), potenziarti e tornare in un secondo momento.

Questa struttura non lineare smorza la frustrazione tipica del genere. La morte non è più un muro invalicabile, ma un semplice suggerimento: “forse dovresti provare da un’altra parte”.

Il troppo stroppia e in questo caso la libertà disperde l’attenzione

Tuttavia, questa libertà ha un prezzo. La vastità dell’Interregno è sostenuta da una quantità di contenuti che, inevitabilmente, tende a ripetersi. Le catacombe e le caverne, sebbene divertenti all’inizio, iniziano a mostrare una certa ripetitività strutturale e un riutilizzo fin troppo evidente di asset e boss.

Incontrare per la quarta volta lo stesso Golem di guardia o lo stesso Spirito Arboreo Ulcerato in un dungeon diverso smorza il senso di scoperta e fa trasparire una certa “logica da riempitivo”, necessaria per popolare un mondo così grande. Questo è un altro elemento che impedisce al gioco di raggiungere la perfezione assoluta, un piccolo compromesso che si paga sull’altare della grandezza.

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I Legacy Dungeon in Elden Ring sono una nota gradevole nella sofferenza

Tutto cambia, però, quando si varca la soglia di un Legacy Dungeon. Luoghi come il Castello di Grantempesta, l’Accademia di Raya Lucaria o la capitale Leyndell sono la quintessenza del level design di FromSoftware, elevato a potenza.

Qui, Torrente non può essere evocato. Si torna alla formula classica: corridoi stretti, trappole, nemici dietro ogni angolo, scorciatoie da sbloccare e una complessità architettonica da capogiro. Questi dungeon sono dei microcosmi interconnessi, capolavori di design che possono essere paragonati a intere aree di Dark Souls o Bloodborne, ma concentrate in un unico, monumentale livello.

Affrontare un Legacy Dungeon è un’esperienza tesa, gratificante e che mette alla prova tutte le abilità del giocatore. È qui che Elden Ring dimostra di non aver dimenticato le proprie radici, offrendo ai veterani la sfida pura e senza filtri che cercano, culminando in boss fight epiche che entreranno di diritto nella storia del genere.

Una Lore Scomposta: L’Epica Silenziosa di Martin e Miyazaki

La collaborazione con George R.R. Martin ha alimentato aspettative enormi sul fronte narrativo. Chi si aspettava una trama lineare e cinematografica in stile Game of Thrones, però, rimarrà deluso. L’impronta di Miyazaki è ancora dominante: la storia di Elden Ring è frammentaria, criptica ed ermetica, raccontata principalmente attraverso le descrizioni degli oggetti, i dialoghi sibillini degli NPC e l’osservazione dell’ambiente.

Martin dona un qualcosa in più a Elden Ring

Il tocco di Martin è però innegabile, e si avverte nella costruzione del background, del mito fondativo dell’Interregno. Lo scrittore americano ha delineato la storia antica: la discesa della Regina Marika l’Eterna, la frammentazione dell’Anello Ancestrale, e gli intrighi e le guerre fratricide tra i suoi figli semidei.

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È una mitologia complessa e affascinante, permeata di tradimenti, gelosie e ambizioni divine, che ricorda le grandi saghe norrene e celtiche. Noi, in qualità di Senzaluce – esiliati un tempo privati della grazia dell’Albero Madre – veniamo richiamati nell’Interregno per raccogliere le Rune Maggiori e diventare il nuovo Lord Ancestrale.

Il compito di un Senzaluce come tanti

Il nostro compito è quello di rimettere insieme i pezzi di questo puzzle narrativo. Le quest degli NPC, pur rimanendo volutamente oscure e prive di un diario o di indicatori, sono tra le più complesse e toccanti mai scritte da FromSoftware.

Seguire le vicende della strega Ranni, del guerriero Alexander o della fanciulla cieca Hyetta regala alcuni dei momenti più memorabili del gioco. La narrazione ambientale fa il resto, trasformando ogni rovina in una pagina di storia e ogni nemico in un testimone di un’epoca di gloria ormai perduta.

Comparto Tecnico e Artistico: Bellezza Sublime, Motore Anziano

Abbiamo testato Elden Ring su PlayStation 5, dove il gioco offre due modalità: una focalizzata sulla risoluzione e una sulle performance. Consigliamo caldamente quest’ultima, che punta ai 60 FPS garantendo una fluidità essenziale per il sistema di combattimento. Detto questo, è innegabile che Elden Ring sia un titolo cross-generazionale.

L’engine grafico, pur essendo stato migliorato, mostra i suoi anni. La qualità dei modelli poligonali di alcuni elementi ambientali e la gestione di certe texture non sono paragonabili a quelle delle esclusive di nuova generazione.

Tuttavia, lamentarsi della grafica di Elden Ring sarebbe come criticare la pennellata di un Van Gogh perché non è fotorealistica. Ciò che manca in pura potenza tecnica viene seppellito da una direzione artistica di livello celestiale.

Elden Ring è, senza mezzi termini, uno dei giochi più belli mai creati. Ogni scorcio è un dipinto, ogni panorama una cartolina da un mondo fantastico e crudele. La varietà delle ambientazioni è sbalorditiva, e l’immaginario visivo, dal design delle creature a quello delle armature, è di un’ispirazione e coerenza uniche.

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Le musiche di Elden Ring stupiscono come sempre

La colonna sonora segue la stessa filosofia. Durante l’esplorazione, è spesso il silenzio a farla da padrone, interrotto solo dai suoni ambientali e dal vento, un approccio che ricorda molto Shadow of the Colossus. Ma durante le boss fight, la musica esplode in cori epici e orchestrazioni potenti, tracce maestose che caricano ogni scontro di un’epicità travolgente.

Un’ultima nota dolente va all’interfaccia utente, che risulta ancora oggi legata a schemi vecchi di dieci anni, con un sistema di menu macchinoso e poco intuitivo, quasi identico a quello di Dark Souls III. Anche il multiplayer, sebbene più accessibile grazie a un sistema di evocazione semplificato, soffre ancora di una certa instabilità, specialmente nelle sessioni PvP.

Verdetto Finale: Perché 8.5 e non 10?

Elden Ring è un’opera monumentale, un trionfo di design e visione artistica. È il culmine del percorso di FromSoftware e, al tempo stesso, un nuovo inizio per il genere open world. Allora perché non assegnare il massimo dei voti?

Perché un capolavoro non deve essere necessariamente perfetto. Elden Ring è un capolavoro imperfetto. La sua ambizione smisurata lo porta a fare dei compromessi. Il riutilizzo di alcuni contenuti nel mondo aperto, la superficialità del combattimento a cavallo, un motore grafico che mostra i segni del tempo e un’interfaccia vetusta sono difetti reali, che non possono essere ignorati in un’analisi critica.

Sono difetti che rovinano l’esperienza? Assolutamente no. Sono piccole macchie su una tela altrimenti magnifica, che ne incrinano leggermente la perfezione ma non ne diminuiscono il valore immenso.

Elden Ring è un’esperienza che ogni videogiocatore dovrebbe provare. È un viaggio indimenticabile in un mondo oscuro e meraviglioso, una sfida continua che premia l’intelligenza, la perseveranza e la curiosità. La prova che è ancora possibile creare mondi virtuali che non si limitano a intrattenere, ma che riescono a stupire, spaventare e, infine, conquistare. L’incoronazione di FromSoftware, un re che siede su un trono magnifico, anche se leggermente scheggiato.

Due Anni Dopo il Ritorno nell’Interregno con Shadow of the Erdtree

Sono trascorsi più di due anni da quando abbiamo messo piede per la prima volta nell’Interregno. Due anni in cui Elden Ring ha cementato il suo status di capolavoro, un’opera generazionale che ha ridefinito le aspettative per il genere open world.

Eppure, un mistero è rimasto sospeso nell’aria, un filo dorato non ancora dipanato: il destino di Miquella l’Empireo. Oggi, quel velo viene finalmente squarciato. Shadow of the Erdtree, l’attesissima e unica espansione di Elden Ring, è finalmente tra noi, pronta a trascinarci in una nuova terra di incubi e meraviglie.

Noi di Top Games Italia abbiamo trascorso decine di ore nel Regno dell’Ombra, seguendo le orme del semidio perduto. E proprio come per il gioco base, la nostra analisi vuole essere un bilanciamento tra l’amore incondizionato per l’opera di FromSoftware e uno sguardo critico necessario.

recensione con voto shadow of the erdtree

Perché, ve lo anticipiamo subito, Shadow of the Erdtree è un’espansione colossale, artisticamente sublime e ludicamente feroce, ma anche un’esperienza che porta all’estremo i pregi e i difetti del suo genitore. Riconfermiamo il nostro voto: un 8.5 su 10 che celebra un contenuto di valore inestimabile, pur riconoscendo delle scelte di design a tratti frustranti che ne incrinano la perfezione.

Allacciate l’elmo, Senzaluce, perché questo viaggio è ancora più spietato del precedente.

Un Velo Squarciato l’Ingresso nel Regno dell’Ombra

Il portale per questa nuova avventura è tanto iconico quanto macabro: il bozzolo nel Palazzo di Mohgwyn, dove giace il corpo dormiente di Miquella. Dopo aver sconfitto due dei boss più ostici del gioco base, Mohg il Signore del Sangue e il Generale Radahn, ci viene concesso di toccare il braccio pendulo dell’Empireo. Lo schermo si fa nero e, un istante dopo, ci risvegliamo in una terra sconosciuta: il Regno dell’Ombra.

Una passaggio molto indelicato che ricorda Lucasfilm

Questa transizione, va detto, è forse il primo e unico passo falso narrativo dell’espansione. È brusca, quasi sbrigativa. Manca di quella spettacolarità cinematografica che un momento così atteso avrebbe meritato. Non c’è un viaggio onirico, una discesa vorticosa o una sequenza che ci accompagni emotivamente in questo nuovo mondo. È un taglio netto, quasi brutale, che smorza leggermente l’impatto di un evento atteso per anni.

Ma questa piccola delusione svanisce in un battito di ciglia. Ciò che si para davanti ai nostri occhi è uno spettacolo che toglie il fiato. La prima immagine, quella iconica usata per annunciare il DLC, non rende giustizia alla vastità e alla bellezza desolata del paesaggio. L’Albero Ombra, contorto e oscuro, domina un orizzonte punteggiato da lapidi spettrali e rovine monumentali.

La mappa è sfuggita di mano in modo inaspettato per Elden Ring SOTE

La mappa, come ammesso candidamente dallo stesso Miyazaki, è enormemente più grande di quanto inizialmente dichiarato. Dimenticate Sepolcride: il Regno dell’Ombra è un continente a sé stante, un labirinto di pianure, canyon, fortezze e città sotterranee che si sviluppa tanto in orizzontale quanto, e soprattutto, in verticale.

Giocato su PlayStation 5, il DLC mostra anche un notevole passo avanti sul fronte tecnico. Sebbene il motore grafico sia lo stesso, si percepisce un’ottimizzazione superiore, con texture più definite, un’effettistica più ricca e una stabilità del framerate che rimane granitica anche nelle situazioni più caotiche.

Il peso di “soli” 16GB su console Sony è quasi miracoloso, considerando la mole di contenuti, nemici, armi e segreti stipati in questo nuovo mondo. Ogni passo è uno stupore, ogni nuovo scorcio un dipinto. FromSoftware, ancora una volta, dimostra una maestria artistica che trascende la pura potenza computazionale.

World Design e Direzione Artistica in contrasto nel DLC di Elden Ring

Se il gioco base ci aveva abituati a una varietà ambientale eccezionale, Shadow of the Erdtree eleva questo concetto all’ennesima potenza, concentrandolo in uno spazio più denso. Il Regno dell’Ombra è una terra di estremi, un luogo dove la bellezza più eterea convive con l’orrore più grottesco.

boss rellana elden ring shadow of the erdtree

Attraverseremo pianure spettrali dominate da giganti di ferro e vimini incandescenti, i cui corpi sono fornaci ardenti che vomitano fiamme. Ci addentreremo in foreste oscure dove nemici rapidissimi e letali tendono agguati, per poi sbucare in canyon vertiginosi che sfidano le leggi della fisica.

Level Design davvero fuori dagli schemi anche se…

Il level design è, se possibile, ancora più audace. La verticalità, già introdotta nel gioco base, qui diventa un elemento centrale dell’esplorazione. Intere regioni sono costruite su più livelli, collegati da sentieri nascosti, salti della fede da compiere in groppa a Torrente e meccanismi da scoprire.

Scendere nelle profondità di una città in rovina, saltando di tetto in tetto e di trave in trave, regala una sensazione di scoperta e pericolo costante. A differenza del gioco base, dove a volte si poteva percepire una certa dispersività, qui ogni area è un puzzle ambientale coeso e interconnesso. FromSoftware sembra aver imparato la lezione, creando un’esperienza che fonde la libertà dell’open world con la densità claustrofobica dei suoi migliori dungeon.

Due aree, in particolare, ci sono rimaste impresse nel cuore. Una è una montagna i cui pendii sono interamente ricoperti da fiori di un rosso cremisi, un paesaggio di una bellezza struggente che fa da preludio a una delle sfide più ardue dell’espansione.

L’altra è una valle segreta inondata da fiori di un blu spettrale, un luogo di pace apparente che nasconde un cammino verso l’ignoto. Questo continuo alternarsi tra macabro e sublime, tra terrore e meraviglia, crea un’atmosfera unica che spaesa e affascina il giocatore a ogni passo.

La Compagnia di Miquella: Una Narrazione Più Intima e Personale

Mentre la trama del gioco base era un’epopea corale su un mondo in rovina, quella di Shadow of the Erdtree è una storia molto più intima e focalizzata. Il nostro scopo è chiaro: seguire le orme di Miquella, capire perché abbia abbandonato il suo corpo e la sua Runa Maggiore per avventurarsi nel Regno dell’Ombra. Ad accompagnarci in questa ricerca c’è un gruppo di NPC straordinariamente ben scritti, seguaci devoti dell’Empireo.

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Personaggi come Leda, Freyja, Ansbach e il Cavaliere del Leone Danzante non sono semplici dispensatori di quest, ma una vera e propria compagnia d’arme. Ognuno ha una personalità distinta, una propria motivazione e un legame unico con Miquella.

La fragilità della storia si rispecchia nei personaggi più particolari

Si percepisce una dinamica di gruppo complessa, un’alleanza fragile tenuta insieme solo dalla fede incrollabile nel loro signore. I loro dialoghi sono ricchi di sfumature e rivelano, pezzo dopo pezzo, i segreti e le tragedie che si celano dietro la figura angelica di Miquella.

Questa fede quasi fanatica funge da motore narrativo. Cos’altro potrebbe unire personaggi così diversi, potenzialmente nemici giurati, se non la venerazione per una figura messianica?

Miquella non è solo l’obiettivo della nostra quest; è il collante che dà un senso alla presenza di ogni personaggio, fornendo loro uno scopo e una direzione. Per la prima volta in un gioco FromSoftware, si ha la sensazione di far parte di una “famiglia” disfunzionale, un gruppo di anime perse unite da un’unica, disperata speranza.

Questo legame, tuttavia, porta con sé un’inquietudine costante. In un mondo come quello di Elden Ring, dove ogni ideale viene corrotto e ogni legame spezzato, la perfezione di questa devozione appare precaria, un equilibrio appeso a un filo che temiamo possa spezzarsi da un momento all’altro, trasformando i nostri alleati nei nostri più acerrimi nemici.

La difficoltà è il cuore del problema nel DLC di Elden Ring

E qui, purtroppo, arriviamo alla nota più dolente, al motivo principale per cui Shadow of the Erdtree, pur essendo magnifico, non raggiunge la perfezione. Parliamo del bilanciamento della difficoltà.

FromSoftware ha introdotto un sistema di progressione parallelo, esclusivo per il DLC. Per aumentare i nostri danni e le nostre resistenze nel Regno dell’Ombra, non basterà il nostro livello personaggio.

Dovremo trovare dei Frammenti dell’Albero Ombra (Scadutree Fragments), oggetti nascosti da usare presso le Grazie per ottenere una “Benedizione dell’Ombra”. Questo sistema, sulla carta, è intelligente: permette a tutti i giocatori, indipendentemente dal loro livello, di partire da una base comune.

Nella pratica, però, l’esecuzione è problematica. Il risultato è un totale svalutazione del percorso fatto nel gioco base. Arrivare nel DLC a livello 150, 200 o persino 300 non fa quasi nessuna differenza. I primi nemici che incontreremo ci colpiranno come treni in corsa, capaci di ucciderci con due o tre colpi. Un Senzaluce che ha sconfitto divinità come Malenia e Radagon si ritrova a essere fragile come un fuscello di fronte a un semplice soldato o a un uccello scheletrico.

mappa e mondo di gioco elden ring shadow of the erdtree

Le scelte sbagliate si pagano

Questa scelta crea una dissonanza ludica fortissima e, nelle prime ore, una frustrazione palpabile. Le centinaia di ore passate a perfezionare la propria build e a livellare sembrano non avere alcun peso. La difficoltà non è organica, ma appare artificiale e indotta. Anche dopo aver raccolto diverse Benedizioni dell’Ombra, il senso di fragilità permane.

Ci siamo trovati, a livello 170 e con 9 livelli di benedizione, a essere disintegrati in due colpi da un boss opzionale nascosto in una chiesetta nella prima area del gioco. Quando la tua abilità speciale, capace di togliere un quarto di vita a Radagon, fa a malapena il solletico a un nemico minore, qualcosa nel bilanciamento non torna.

A questo si aggiunge un bestiario letale, con nemici dotati di moveset folli, combo che superano i dieci colpi consecutivi e un’aggressività senza precedenti. Se da un lato questo porta a scontri spettacolari e memorabili, dall’altro, in alcune aree, si scade nel “nemico spam”.

Miyazaki e i cani, un connubio davvero devastante in Elden Ring SOTE

Miyazaki sembra avere una particolare ossessione per i cani e le creature quadrupedi veloci, che vengono riproposte in ogni salsa (neri, rossi, grigi, corazzati) e spesso lanciate contro il giocatore in branchi. Affrontare queste creature con armi pesanti è un incubo, poiché la loro agilità e i loro attacchi rapidi rendono quasi impossibile trovare una finestra per colpire.

In alcune sezioni più avanzate, la difficoltà sembra essere usata come un modo per allungare artificialmente la durata dell’esplorazione. Attraversare un semplice ponte può trasformarsi in un calvario di 40 minuti, bersagliati da decine di nemici che sparano proiettili, esplodono e attaccano da ogni direzione. In questi momenti, l’unica strategia possibile diventa la fuga, perdendo però il piacere della scoperta e dell’esplorazione metodica.

Reinventare la Battaglia non è una cosa semplice

Questa curva di difficoltà brutale ha però un effetto collaterale: costringe il giocatore a mettersi in discussione, ad abbandonare le certezze acquisite nel gioco base e a riscoprire il proprio arsenale. Shadow of the Erdtree è, in un certo senso, “un altro gioco”, con le sue regole e i suoi equilibri.

L’approccio “schiva e colpisci” che ha funzionato per centinaia di ore potrebbe non essere più sufficiente. L’espansione incentiva, quasi obbliga, a un approccio più tattico e versatile.

  • Gli Scudi tornano protagonisti: Molti attacchi dei nuovi nemici hanno timing strani e traiettorie imprevedibili. A volte, la soluzione migliore non è schivare, ma parare. L’uso di scudi grandi e del contrattacco diventa una strategia vitale.

  • Torrente è il tuo migliore amico: Il combattimento a cavallo, criticato nel gioco base per la sua superficialità, qui diventa spesso la chiave per superare i nemici più grandi e potenti nelle aree aperte. Sfruttare la sua mobilità per colpire e fuggire è fondamentale.

  • La pazienza è la virtù del Senzaluce: Dimenticate le magie a lungo cast o le combo prolungate. I nemici del Regno dell’Ombra non lasciano respiro. Bisogna studiare, attendere la finestra giusta e colpire con precisione chirurgica.

Superato lo shock iniziale e accettate le nuove regole del gioco, l’esperienza si trasforma. La frustrazione lascia il posto a una sfida intensa e gratificante. Sconfiggere un boss dopo decine di tentativi regala una soddisfazione ancora più grande, proprio perché guadagnata con sudore, lacrime e un’attenta analisi strategica.

recensione completa e definitiva di elden ring shadow of the erdtree

Conclusione: Un’Ombra Magnifica ma Imperfetta

Alla fine di questo lungo viaggio, la domanda è una: Shadow of the Erdtree vale la candela? La risposta è un “sì” fragoroso e incondizionato, ma con delle importanti riserve.

Con un prezzo di listino di 39,99€, il rapporto qualità-prezzo è semplicemente eccezionale. L’espansione offre una campagna principale che può durare tra le 25 e le 30 ore, ma che può facilmente superare le 50-60 ore per chi vuole scoprire ogni segreto, sconfiggere ogni boss e completare ogni quest. È, a tutti gli effetti, un gioco intero venduto al prezzo di un DLC.

Elden Ring: Shadow of the Erdtree è un’esperienza duale. Da un lato, è FromSoftware al suo apice creativo: un mondo mozzafiato, una direzione artistica celestiale, un level design geniale e una lore che approfondisce e arricchisce l’universo di gioco in modi inaspettati.

Ogni combattimento contro un boss principale è uno spettacolo per gli occhi, un’esplosione di epicità accompagnata da una colonna sonora magistrale.

Una facciata contro il mondo reale per Elden Ring Shadow of the Erdtree

Dall’altro lato, è un’esperienza sbilanciata, che cade su errori di game design che il gioco base era riuscito in gran parte a mitigare. La difficoltà a tratti artificiale, la svalutazione della progressione del giocatore e un certo riciclo di nemici minori ne minano l’eleganza. È un’espansione che, a pelle, può risultare respingente e ingiusta, che richiede al giocatore uno sforzo di adattamento non indifferente.

Il nostro voto, 8.5 su 10, riflette questa dualità. Celebriamo un’opera d’arte digitale, un’aggiunta di contenuti di una generosità rara nel mercato odierno, un’avventura che ogni fan di Elden Ring deve assolutamente vivere. Ma non possiamo ignorare le sue spigolosità, quelle scelte che trasformano una sfida ardua in una frustrazione a tratti superflua.

Shadow of the Erdtree è come l’Albero Ombra che gli dà il nome: magnifico, imponente, ma contorto e pieno di spine. Un’ombra che allunga la leggenda di Elden Ring, senza però riuscire a dissipare del tutto le proprie oscurità.

Un Souls Like tira l’altro, ma quanto durerà ancora?

La nostra lunga, estenuante ma incredibile avventura nel Regno dell’Ombra e nell’Interregno si conclude qui. Elden Ring, con la sua espansione, si conferma un’opera titanica, un viaggio che segna profondamente chiunque abbia il coraggio di intraprenderlo. Ora, però, la parola passa a voi, Senzaluce. Qual è stata la vostra esperienza? Avete trovato la difficoltà del DLC eccessiva o perfettamente bilanciata? Fatecelo sapere nei commenti qui sotto, siamo curiosi di leggere le vostre storie e le vostre strategie.

Ma il mondo dei videogiochi, proprio come la grazia, non si ferma mai. La nostra missione di esploratori del medium continua senza sosta.

Siete pronti per la vostra prossima avventura?

Se l’atmosfera criptica, il mondo misterioso e le sfide spietate sono ciò che cercate in un videogioco, allora abbiamo già trovato la vostra prossima ossessione. Vi invitiamo a tuffarvi nelle tenebre di un’altra promettente avventura leggendo la nostra recensione completa di Hell is Us, un titolo che promette di ridefinire i confini tra narrazione e gameplay in un mondo oscuro e affascinante.

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E se le parole non vi bastano e volete vedere questi mondi prendere vita, la nostra avventura prosegue anche in formato video. Sul nostro canale YouTube ufficiale di Top Games Italia troverete non solo i gameplay integrali e le guide dedicate a Elden Ring e Shadow of the Erdtree, ma anche approfondimenti, recensioni e anteprime di tutti i titoli più importanti del momento.

È il modo migliore per rimanere sempre aggiornati e per unirvi a una community di appassionati come voi. Grazie per averci seguito in questo lungo viaggio. Che la vostra fiamma non si spenga mai. Ci vediamo nella prossima recensione

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Elden Ring si consacra come un capolavoro imperfetto (Voto 8.5/10), un'opera che ha rivoluzionato il genere open world. Il suo Interregno, guidato da una sublime direzione artistica, fonde esplorazione libera e un gameplay soulslike rifinito, pur inciampando su una certa ripetitività dei contenuti minori e un comparto tecnico cross-gen. </br></br> L'espansione, Shadow of the Erdtree, prosegue su questa scia, offrendo un nuovo, magnifico continente da esplorare. Tuttavia, introduce una difficoltà brutale e un sistema di progressione che svaluta i progressi del giocatore, risultando a tratti frustrante e artificiale. </br></br> Anche il DLC si merita un 8.5/10: un'aggiunta di contenuti monumentale e visivamente sbalorditiva, che conferma la grandezza di FromSoftware ma anche la sua tendenza a inciampare su questioni di bilanciamento. Un'esperienza imperdibile, ma che richiede immensa pazienza.Recensione con voto Elden Ring aggiornata
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